Oslo (Norvegia), 22 lug. (LaPresse/AP) – Con il mondo ancora sconvolto dalla sparatoria di Denver, la Norvegia ha ricordato oggi il primo anniversario della strage di Oslo e Utoya, dove il 22 luglio dello scorso anno persero la vita 77 persone uccise da Anders Behring Breivik. Intanto nel Paese torna in auge la questione razzismo, dopo gli attacchi di parte della società ed esponenti politici contro i rom.

PROGRAMMA DELLE COMMEMORAZIONI. Stamattina il primo ministro Jens Stoltenberg ha deposto una corona di fiori nel luogo dove esplose la bomba a Oslo. “La bomba e gli spari erano mirati a cambiare la Norvegia. Il popolo norvegese ha risposto con i nostri valori. L’autore della strage ha perso, il popolo ha vinto”, ha detto il premier. La famiglia reale ha partecipato a una messa di commemorazione nella cattedrale della capitale. Una cerimonia privata si è tenuta inoltre sull’isola di Utoya per i sopravvissuti e i familiari delle vittime. In serata 50mila persone hanno partecipato a un concerto che si nel centro di Oslo, a cui ha fatto un’apparizione a sorpresa anche Bruce Springsteen.

LE STRAGI DI OSLO E UTOYA. Quella terribile giornata per il Paese del nord Europa iniziò alle 15.26, quando una bomba esplose all’esterno del quartier generale del governo a Oslo, provocando la morte di otto persone. Poche ore dopo, l’orrore divenne ancora più grande quando un uomo, poi identificato appunto come Breivik, 32 anni all’epoca, iniziò a sparare all’impazzata contro i giovani riuniti sull’isola di Utoya per un campo politico organizzato dal partito laburista. Le vittime sull’isola furono 69.

BREIVIK E IL MULTICULTURALISMO. Breivik è stato arrestato poco dopo la strage. Fin da subito sono emerse le sue posizioni estremiste, visto anche il ritrovamento di un manifesto di 1.500 pagine scritto di suo pugno contro il multiculturalismo in Europa. Durante il procedimento, molto si è discusso però anche della sua salute mentale. Breivik è stato sottoposto a due perizie psichiatriche, la seconda delle quali lo ha definito sano. Il processo nei suoi confronti, che lo ha visto accusato formalmente di terrorismo e che si è svolto al tribunale di Oslo, è giunto ormai quasi al termine. Manca solo la sentenza, che sarà pronunciata il 24 agosto.

IN NORVEGIA DIBATTITO SUI CAMPI ROM. Intanto la Norvegia torna a interrogarsi sul tema della tolleranza e della xenofobia, dopo che si è aperto un dibattito nazionale sui campi rom sorti a Oslo e in altre città. Dopo che i vicini si sono lamentati per le condizioni anti-igieniche dei piccoli accampamenti, il rumore e le costruzioni illegali, diversi politici contrari all’immigrazione hanno chiesto che i rom vengano arrestati e trasportati fuori dal Paese. Il dibattito, dei cui toni forti si è lamentato il primo ministro Stoltenberg, si è sviluppato molto anche via internet, diventando a tratti apertamente razzista.

“Alcune delle cose che abbiamo visto sono spaventose. Nessuno deve essere giudicato perché appartiene a un determinato gruppo etnico”, ha commentato all’emittente Tv2 lo stesso capo del governo che già all’epoca della strage condotta da Breivik aveva fatto appello a una maggiore apertura, democrazia e capacità di inclusione dell’altro all’interno della società. Non tutti però sembrano averlo ascoltato. “Quando è troppo è troppo. Prendiamo un bus e spediamoli fuori”, ha tuonato Siv Jensen, leader del Partito del Progresso, fortemente anti-immigrazione.

Eskil Pedersen, capo dell’organizzazione giovanile del Partito laburista, sopravvissuto lo scorso anno sull’isola di Utoya, ha criticato questo tipo di attacchi, dicendo che gli hanno fatto venire il voltastomaco. Ma, ha aggiunto, la reazione di molti norvegesi contro la retorica anti-rom mostra che lo spirito di inclusione sorto dopo la strage dello scorso anno è ancora vivo e vegeto, anche su internet. “Si vede un sacco di impegno nei social media per chiedere diritti umani e tolleranza. Questo impegno – ha concluso Pedersen – non era così forte prima in dibattiti simili”.

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