Mosca (Russia), 7 ago. (LaPresse/AP) – La procura russa ha chiesto tre anni in carcere per ognuna delle tre componenti della band punk Pussy Riot, a processo per aver cantato a febbraio scorso una ‘preghiera punk’ contro il presidente Vladimir Putin davanti alla cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca. Le accuse di teppismo formulate nei confronti delle ragazze prevedono una pena massima di sette anni, ma il procuratore Alexander Nikiforov ha affermato in tribunale che la condanna a tre anni prenderebbe in considerazione il fatto che due delle tre imputate sono giovani madri.

Le ragazze della band, Nadezhda Tolokonnikova, 23 anni, Maria Alekhina, 24 anni, e Yekaterina Samutsevich, 29 anni, sono in custodia da cinque mesi. In questo periodo hanno ricevuto l’appoggio di molti personaggi internazionali, tra cui Madonna, Pete Townshend degli Who e Neil Tennant dei Pet Shop Boys. Amnesty International le ha inoltre definite prigioniere di coscienza, “detenute solo per aver espresso pacificamente le proprie credenze”. Il verdetto del processo è atteso in settimana.

Le accusate hanno spiegato che l’obiettivo del gesto era esprimere risentimento per il sostegno del partiarca russo ortodosso Kirill al governo Putin, ma non di offendere il sentimento religioso di qualcuno. Diverso il parere del procuratore Nikiforov, secondo cui le musiciste “si sono messe contro il mondo ortodosso e hanno cercato di svalutare le tradizioni e di dogmi che questo ha creato per secoli”.

Larisa Pavlova, avvocato che rappresenta i dipendenti della chiesa che nel processo sono parte offesa, ha dichiarato alla corte di sostenere la richiesta di condanna. Le imputate, ha affermato la Pavlova, “hanno pianificato accuratamente e provato (la performance, ndr), ed erano pienamente consapevoli di quello che stavano facendo. Inoltre hanno avuto l’audacia di dire alla corte che hanno fatto la cosa giusta, che è tutto a posto, e che sono pronte per continuare a compiere altri gesti simili”. La Tolokonnikova ha riso quando il legale ha poi sostenuto che il femminismo in Russia è incompatibile con la fede ortodossa.

L’avvocato che rappresenta le componenti del gruppo, Violetta Volkova, invece, ha ribadito le accuse delle donne secondo cui sarebbero state private di sonno e cibo durante il procedimento, descrivendo queste pratiche come “tortura”. “In questo processo – ha aggiunto la Volkova – le autorità, non le ragazze, hanno inferto un colpo mortale alla Chiesa ortodossa. Il tempo è tornato indietro, al Medio Evo”.

Il processo contro le Pussy Riot ha diviso la Russia. Alcuni credenti si sono sentiti insultati dal loro gesto, mentre i gruppi per i diritti umani hanno appoggiato le ragazze. I leader ortodossi hanno invece ignorato le richieste di molti credenti di perdonare le giovani musiciste e chiedere alla corte di abbandonare il caso. Una sentenza di condanna contro le Pussy Riot, ha commentato ad Interfax l’attivista Lyudmila Alexeyeva, sarebbe “una disgrazia per la Russia e la Chiesa ortodossa”.

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