Il Cairo (Egitto), 15 set. (LaPresse/AP) – Dopo il venerdì di proteste contro il film di Maometto, che ha infiammato l’universo islamico, è arrivata la condanna dell’Onu. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha diffuso una nota nella quale condanna “nei termini più forti” le violenze avvenute in diversi Paesi del mondo arabo. “La vera natura delle funzioni diplomatiche è pacifica e i diplomatici hanno tra le loro principali funzioni la promozione di una migliore comprensione fra i Paesi e le culture”, afferma il Consiglio Onu. Ieri le proteste si sono estese dal Sudan, dove sono state attaccate le ambasciate di Germania e Usa, alla Tunisia, dove l’obiettivo principale è stata ancora una volta la sede diplomatica di Washington. Dal Libano all’Egitto, per allargarsi fino a diversi Paesi dell’Asia, tra cui Bangladesh e Malesia, e addirittura al Regno Unito. Le vittime almeno cinque. Oggi i disordini sono arrivati anche in Australia, dove almeno 10 persone sono rimaste ferite negli scontri fra manifestanti e polizia nei pressi del consolato americano a Sydney.
QUATTRO MORTI A TUNISI. Secondo le ultime informazioni diffuse dal governo di Tunisi, quattro persone sono morte e altre 49 sono rimaste ferite negli scontri di ieri contro Usa nella capitale. Le violenze erano iniziate nel pomeriggio di ieri quando decine di persone hanno preso d’assalto l’ambasciata, dando fuoco ad automobili. Fuori dall’edificio si sono radunati migliaia di dimostranti, alcuni dei quali hanno tirato pietre contro la polizia. Gli agenti hanno risposto con gas lacrimogeni e colpi di arma da fuoco. I contestatori hanno anche dato alle fiamme una scuola americana adiacente al complesso diplomatico.
UNA VITTIMA IN LIBANO. Forti scontri si sono registrati anche in Libano, dove la folla inferocita ha dato fuoco a un ristorante Kfc e ad uno di Arby nella città di Tripoli. Uno dei manifestanti è rimasto ucciso quando gli agenti hanno aperto il fuoco. I feriti sono almeno 25, tra cui 18 poliziotti.
SUDAN, VIOLENZE A KARTHUM. Una delle piazze più calde è stata Karthum. Nella capitale sudanese i manifestanti hanno lanciato un assalto contro l’ambasciata della Germania, dandola parzialmente alle fiamme. Quindi in migliaia si sono diretti verso quella statunitense. Qui, secondo diversi testimoni, alcuni dimostranti hanno provato a irrompere nell’edificio. Sembra che almeno tre manifestanti siano morti, anche se ancora non ce n’è conferma ufficiale. I testimoni riferiscono di averli visti inerti per terra. “L’ambasciata tedesca – ha voluto precisare il ministro degli Esteri di Berlino, Guido Westerwelle – è stata parzialmente data alle fiamme, ma fortunatamente lo staff è salvo”.
SCONTRI AL CAIRO. In Egitto, al Cairo, si sono verificati scontri fra poliziotti in tenuta anti sommossa e circa cento manifestanti a pochi isolati di distanza dall’ambasciata Usa. La situazione è diventata ancora più tesa quando un imam salafita ha riscaldato piazza Tahrir, chiedendo alla folla di difendere l’islam e il suo profeta Maometto dopo la diffusione del film ritenuto blasfemo. In seguito all’appello del religioso, decine di persone si sono unite ai manifestanti. “Con la nostra anima, con il nostro sangue, ti vendicheremo, nostro profeta”, hanno urlato i dimostranti mentre gli agenti usavano gas lacrimogeni per disperdere la folla. Quando la gente ha provato ad avvicinarsi all’ambasciata Usa, è stata bloccata dai cordoni della polizia che ha usato i lacrimogeni.
MARINE IN YEMEN. Intanto, a difesa della propria ambasciata a Sanaa, in Yemen, gli Usa hanno inviato in zona una squadra di marine specializzata nell’affrontare le minacce terroristiche e a difendere le sedi di diplomatiche. Un team simile era stato dispiegato mercoledì a Tripoli, in Libia, dopo l’attacco al consolato di Bengasi in cui sono rimasti uccisi l’ambasciatore Chris Stevens e tre altri ufficiali statunitensi.
MARCE DA TEHERAN A LONDRA. Le proteste antioccidentali si sono diffuse in molti altri Stati. In Bangladesh cinquemila persone hanno marciato a Dacca, bruciando bandiere di Usa e Israele, così come avvenuto a Teheran, in Iran. In India, a Chennai, dimostranti hanno dato alle fiamme fotografie di Obama e lanciato pietre contro il consolato Usa. Contestazioni simili si sono avute anche a Gerusalemme, in Siria, nei pressi dell’ambasciata Usa chiusa da febbraio, in Pakistan, Afghanistan, Indonesia, Kashmir, Malesia e Regno Unito. A Londra, circa 250 persone hanno marciato mostrando cartelli contenenti critiche a Stati Uniti e imperialismo occidentale.
FERETRI DIPLOMATICI USA ACCOLTI DA OBAMA. Intanto, in serata le salme di Stevens e degli altri tre ufficiali uccisi a Bengasi sono state rimpatriate. Ad accoglierli in una cerimonia solenne alla base dell’aeronautica militare di Andrews, in Maryland, sono stati il presidente Barack Obama, il segretario di Stato Hillary Clinton e il segretario alla Difesa Leon Panetta. Stevens, ha detto la Clinton, “ha rischiato la vita per aiutare a proteggere i libici e ha dato la sua vita per aiutarli a costruire un Paese migliore. Le persone amavano lavorare con Chris e per Chris. Non era conosciuto solo per il suo coraggio, ma anche per il suo sorriso”. Obama ha lodato il lavoro e il patriottismo dei diplomatici e ha promesso di colpire i responsabili dell’attacco. “Porteremo davanti alla giustizia coloro che ci hanno strappato i nostri compagni. Agiremo con velocità contro la violenza e continueremo a fare di tutto per proteggere gli americani all’estero”, ha detto Obama garantendo una rapida azione.
AMBASCIATE USA IN ALLERTA NEL MONDO. I disordini di oggi erano stati messi in conto dalla Casa Bianca. Oltre 50 ambasciate e consolati degli Stati Uniti hanno diffuso da mercoledì avvisi per i cittadini americani, che mettevano in guardia dal rischio che le manifestazioni potessero sfociare in violenza. La Casa Bianca si era detta pronta ad affrontare nuovi disordini.
Twitter @ilyleccardi
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata