Pechino (Cina), 16 set. (LaPresse/AP) – Nuove proteste anti giapponesi in diverse città della Cina. Da Pechino a Shenzhen, da Shanghai a Canton, i dimostranti hanno protestato contro il controllo di Tokyo sulle isole contese, chiamate Senkaku dai giapponesi e Diaoyu dai cinesi.
PECHINO. A Pechino una folla ha manifestato fuori dall’ambasciata del Giappone, lanciando bottiglie d’acqua, banane, pomodori e uova contro l’edificio e cantando slogan che asserivano che le isole appartengono alla Cina. Diversamente dal corteo di ieri, la polizia era oggi in quantità nettamente superiore rispetto ai dimostranti. Decine di persone portavano ritratti di Mao Zedong. Gli agenti in tenuta anti sommossa stavano nelle strade vicine alla sede diplomatica e circa 20 veicoli della polizia erano posteggiati dietro l’ambasciata.
CANTON. Sono circa 10mila le persone che hanno marciato a Canton e circa quattromila, invece, alla protesta avvenuta nella capitale della provincia cinese di Hainan. Alcuni ristoranti e negozi giapponesi hanno chiuso e hanno appeso fuori bandiere cinesi mentre i manifestanti si avvicinavano, riferisce l’agenzia Xinhua. Molti dei dimostranti avevano 20 o 30 anni, ma ai cortei erano presenti anche persone più grandi e famiglie.
SHENZEN E SHANGHAI. L’emittente TVB di Hong Kong ha mostrato le immagini della polizia che lanciava gas lacrimogeni sui manifestanti nella città meridionale di Shenzhen. A Shanghai, inoltre, centinaia di dimostranti si sono raccolti davanti al consolato del Giappone. C’erano circa 500 poliziotti con caschi e scudi. Gli agenti hanno recintato la strada consentendo l’accesso solo a gruppi di 50 manifestanti per volta, che erano autorizzati a protestare per 5-10 minuti e venivano poi scortati via.
PREMIER GIAPPONESE: GARANTIRE SICUREZZA. Il primo ministro del Giappone, Yoshihiko Noda, ha chiesto al governo di Pechino di garantire la sicurezza di cittadini e aziende giapponesi in Cina. “Purtroppo si tratta di una questione che sta avendo un impatto sulla sicurezza dei nostri cittadini e sta causando danni al patrimonio delle aziende giapponesi”, ha detto Noda parlando all’emittente pubblica NHK. Il premier ha aggiunto che il Giappone deplora la violenza e ha invitato entrambe le parti a condividere informazioni e mantenere stretti contatti. L’ambasciata del Giappone a Pechino ha fatto sapere che nelle proteste di ieri in diverse parti della Cina sono state date alle fiamme fabbriche giapponesi, sabotate catene di montaggio, saccheggiati magazzini e alcuni manifestanti si sono introdotti illegalmente in aziende di proprietà giapponese. Nella città di Qingdao, sulla costa orientale, i dimostranti hanno appiccato il fuoco in una fabbrica Panasonic e in un concessionario Toyota. Nella città meridionale di Changsha, invece, è stato saccheggiato un grande magazzino giapponese.
PROTESTE OSCURATE SU SINA WEIBO. Il governo cinese è preoccupato per la diffusione dei disordini. Dimostrazione ne è il fatto che per gli utenti del popolare sito Sina Weibo, simile a Twitter, stamattina non era possibile cercare la dicitura ‘proteste anti Giappone’. Alcuni hanno ammesso inoltre di non aver osato uscire in giro con le loro auto con brand giapponese durante il fine settimana. Le proteste si sono diffuse anche fuori dalla Cina e ieri centinaia di cinesi-americani hanno marciato a Chinatown a San Francisco per manifestare contro il recente acquisto delle isole contese da parte del governo giapponese.
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