Hampstead (New York, Usa), 17 ott. (LaPresse/AP) – Nel dibattito della notte, un aggressivo Barack Obama si è scontrato con il rivale Mitt Romney su diversi argomenti, dal terrorismo al lavoro, dall’immigrazione alle problematiche riguardanti le donne. Ecco riassunte le dichiarazioni dei due candidati alla Casa Bianca.
ATTACCHI IN LIBIA. Sulla questione dell’attacco al consolato Usa a Bengasi, dell’11 settembre, in cui sono morti l’ambasciatore in Libia Chris Stevens e altri tre americani, Obama ha detto che “il segretario Clinton ha fatto un lavoro straordinario, ma lavora per me”. “Io – ha aggiunto il presidente – sono il presidente e sono sempre responsabile, ed è per questo che nessuno è più interessato di me a scoprire esattamente cosa sia successo. Il governatore Romney ha avuto una reazione molto diversa. Mentre stavamo ancora cercando di rispondere alle minacce ai nostri diplomatici, ha emesso un comunicato stampa, cercando di esporre delle vedute politiche e questo non è il modo in cui lavora un comandante in capo”. Romney si è difeso affermando che “si è trattato di un attacco terroristico e ci è voluto molto tempo affinché ciò venisse detto al popolo americano”. “Che siano state date delle informazioni ingannevoli o che semplicemente non si sia capito cosa fosse successo – ha proseguito il repubblicano – bisogna comunque chiedersi perché non abbiamo saputo del terrorismo fino a cinque giorni dopo, quando il nostro delegato alle Nazioni unite è andato in tv a dire che si era trattato di un atto dimostrativo. Come è possibile che non sapessimo? Era stato un attacco da parte di terroristi e ciò chiama in causa l’intera politica del presidente riguardo il Medioriente”.
ECONOMIA. A proposito della questione economica negli Stati Uniti, Obama ha sottolineato come Romney si è espresso in modo ambiguo e generico durante la campagna, soprattutto a proposito delle tasse. “Quando il governatore sta qui, dopo un anno di campagna, e quando durante le primarie repubblicane ha detto ‘taglierò le tasse’, non ha specificato che avrebbe tagliato le aliquote fiscali, ma ha solo affermato: ‘taglierò le tasse per tutti’, anche per quell’1% che è l’elite del Paese. E questo è esattamente il tipo di economia dall’alto al basso che non funzionerà se vogliamo una classe media forte e un’economia che lotti per tutti”. Romney su questo punto è apparso sulla difensiva, cercando di spiegare cosa abbia finora inteso con le sue parole: “Perché voglio abbassare le tasse e allo stesso tempo avere esenzioni e deduzioni più basse, particolarmente per le persone più abbienti? Perché se si abbassano le tasse è più semplice per le piccole imprese mantenere maggiori capitali e assumere persone. E per me è questo significa parlare di lavoro. Voglio che l’economia americana riparta”.
ENERGIA. Altro punto delicato affrontato dai candidati è stato quello dell’energia e della gestione delle risorse naturali, secondo Obama trattato molto bene dalla sua amministrazione. “Non c’è dubbio – ha commentato il presidente – che la domanda mondiale sia aumentata, ma la nostra produzione sta crescendo e stiamo usando il petrolio in modo più efficiente. E molto poco di quello che viene detto dal governatore Romney è vero. Abbiamo aperto i terreni di proprietà del governo. In realtà stiamo trivellando in quei terreni più di quanto fatto durante la precedente amministrazione e, accidenti, il mio predecessore era un petroliere. E il gas naturale non sta apparendo per magia sul suolo americano. Ne stiamo incoraggiando la ricerca e stiamo lavorando con l’industria”. Romney ha risposto sostenendo l’utilizzo di ogni fonte energetica, sottolineando però la necessità di non abbandonare i carburanti fossili e chi lavora in quei settori. “Voglio assicurarmi che usiamo il nostro petrolio, il nostro carbone, il nostro gas, il nostro nucleare, le nostre fonti rinnovabili. Credo molto nelle nostre capacità per l’utilizzo di queste ultime. Etanolo, vento, energia solare saranno una parte importante della nostra politica energetica. Ma quello di cui non abbiamo bisogno è un presidente che ci impedisca di trarre profitti dal petrolio, dal carbone e dal gas. Non si tratta del signor Petrolio, del signor Gas o del signor Carbone. Parlate con le persone che lavorano in quelle industrie”.
IMMIGRAZIONE. Un tema caldo del faccia a faccia è stato quello dell’immigrazione, usato da Obama per sottolineare l’importanza della multietnicità degli Stati Uniti e affrontato in modo confuso da Romney. “Comprendiamo tutti cosa questo Paese sia diventato grazie al talento delle persone che da ogni parte del mondo vogliono venire qui. Le persone vogliono correre il rischio, seguire i loro sogni e assicurarsi che i loro figli abbiano sogni ancora più grandi”, ha dichiarato il presidente, facendo poi riferimento all’insieme di norme che regola l’immigrazione. “Noi – ha sottolineato – siamo anche un Paese fatto di leggi. Per questo ho detto che dobbiamo migliorare un sistema difettoso sull’immigrazione e ho già fatto tutto il possibile da solo in questo senso. Ho inoltre cercato la collaborazione del Congresso per essere sicuro di rimettere a posto il sistema”. Dal canto suo, Romney ha dato una risposta confusa sulla questione. “Diamo il benvenuto agli immigrati legali nel nostro Paese. Voglio che il nostro sistema legale funzioni meglio, che sia più efficiente”, ha affermato, tentando poi di rassicurare l’elettorato sulle misure da attuare per arginare l’immigrazione illegale. “Non accerchieremo 12 milioni di persone, migranti illegali senza documenti, per espellerle dalla nazione. Invece lasceremo che la gente faccia le proprie scelte da sola. Se si accorgeranno che non possono ottenere i benefici che vogliono, che non riescono a trovare il lavoro che cercano, allora decideranno da soli di andare in un posto dove avranno migliori opportunità”.
INDUSTRIA DELL’AUTO. Interessante anche il confronto sull’industria dell’auto, uno dei punti forti del presidente che all’inizio del suo mandato aiutò le compagnie automobilistiche General Motors e Chrysler a evitare la bancarotta. Romney, ha detto il presidente, “voleva portarle al fallimento senza dare loro alcun modo per stare aperte. E avremmo perso milioni di posti di lavoro. Non sono io che ve lo dico, chiedete ai dirigenti di Gm e Chrysler, alcuni dei quali sono repubblicani”. L’ex governatore del Massachusetts è invece andato all’attacco: “Il presidente si è fatto carico della bancarotta di Detroit. Lei si è preso la bancarotta di General Motors, e quella di Chrysler. Così, quando dice che io volevo accollarmi la bancarotta dell’industria dell’auto, in realtà lo ha fatto lei”.
CINA. Una parte del dibattito si è infine concentrata anche sulla politica estera, l’economia e, in particolare, la Cina. “Governatore – ha affermato Obama – lei è l’ultima persona che può parlare di linea dura con la Cina. Ciò che abbiamo fatto in termini di scambi commerciali, non è stato solo firmare tre accordi per aprire nuovi mercati, ma anche creare una task force per il commercio che controlla chiunque provi ad approfittarsi dei lavoratori o della imprese americane, senza creare una parità di condizioni”. Il primo giorno del mio mandato, ha invece detto il repubblicano, “chiamerò la Cina manipolatore di valuta e questo mi permetterà, se necessario, di far entrare in vigore imposte dove credo che (Pechino, ndr) stia sfruttando in modo ingiusto le nostre industrie” e “rubando la nostra proprietà intellettuale”.
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