Fukushima (Giappone), 29 dic. (LaPresse/AP) – Il nuovo premier giapponese Shinzo Abe ha fatto visita questa mattina alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi, gravemente danneggiata durante il sisma e lo tsunami dell’11 marzo 2011. Indossando una mascherina protettiva, Abe ha effettuato un giro in bus nell’impianto e ha salutato i lavoratori del centro di operazione di emergenza, nella città di Okuma, sulla costa nordorientale del Giappone. Dopo il disastro di Fukushima, il peggiore mai avvenuto dopo quello di Chernobyl del 1986, i cinquanta reattori nucleari del Paese sono stati spenti per controlli, e solo due sono attualmente tornati a funzionare. Durante la visita, Abe ha chiesto ai dipendenti della Tepco, l’agenzia che controlla l’impianto, di perseverare, mentre la compagnia lavora per rimuovere le radiazioni disperse dopo l’incidente e chiudere in sicurezza l’impianto in modo permanente.

Il precedente governo, guidato dal Partito democratico, aveva promesso di rinunciare del tutto all’energia nucleare entro il 2040, mandando per così dire in pensione i vecchi reattori e non rimpiazzandoli. Il Partito liberale di Abe, che ha preso il potere nelle recenti elezioni, vuole invece utilizzare i prossimi dieci anni per studiare la migliore soluzione energetica per il Paese. Il premier ha già fatto sapere che potrebbe riconsiderare la decisione del precedente governo di fermare la costruzione di reattori.

L’ipotesi di una rimessa in funzione degli impianti nucleari ha ottenuto i favori soprattutto tra gli imprenditori preoccupati per la possibile mancanza di energia e l’aumento dei costi delle forniture. Dal disastro di Fukushima, i costi dell’importazione di gas naturale sono infatti notevolmente aumentati. Non è chiaro, tuttavia, se il piano del nuovo governo riceverà l’approvazione dell’Autorità per la regolamentazione del nucleare, che sta definendo nuovi standard e sta controllando alcuni impianti per possibili problemi alle faglie geologiche che potrebbero compromettere la sicurezza in caso di forti terremoti.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata