Diyarbakir (Turchia), 17 gen. (LaPresse/AP) – Decine di migliaia di persone si sono radunate nella città di Diyarbakir, nel sudest della Turchia, per partecipare ai funerali delle tre attiviste curde uccise lo scorso 10 gennaio a Parigi. Le tre bare sono state avvolte nelle bandiere del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan), che dal 1984 si batte per una maggiore autonomia nella regione, a maggioranza curda. Le donne, fra cui Sakine Cansiz, tra i fondatori del Pkk, sono state uccise nella sede dell’Istituto curdo di Parigi. Nelle ultime settimane il governo turco aveva ammesso che sono in corso colloqui con il leader del gruppo, Abdullah Ocalan, mirati a porre fine al conflitto. Secondo molti osservatori, l’assassinio delle attiviste è stato un tentativo di minare il risultato dei negoziati.

Selahattin Demirtas, leader del Partito per la pace e la democrazia, pro-curdo, si dice convinto che le uccisioni non fermeranno gli sforzi dei curdi per raggiungere la pace. “Appoggiamo i colloqui tenuti da Ocalan. La folla qui riunita ne è la prova. È giunto il tempo della pace. Le persone non stanno promettendo vendetta, anche se stanno seppellendo le loro stesse figlie”, ha commentato Demirtas. I media turchi e curdi hanno riportato che in settimana l’esercito di Ankara ha lanciato attacchi su sospetti obiettivi ribelli oltre il confine con l’Iraq. La Turchia non vuole bloccare questo tipo di operazioni, contro cui i politici curdi puntano il dito. “Primo ministro, lei parla di pace, ma bombarda Qandil nei giorni in cui stiamo seppellendo tre nostre martiri. Come può parlare di pace e far piovere bombe sui curdi?”, si è domandato il deputato Ahmet Turk.

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