Il Cairo (Egitto), 28 gen. (LaPresse/AP) – Entra in vigore oggi in Egitto lo stato d’emergenza decretato dal presidente Mohammed Morsi per tre province. La decisione è arrivata ieri dopo la spirale di violenze nella quale è nuovamente precipitato il Paese. Dopo gli scontri scoppiati venerdì in varie città in occasione del secondo anniversario della rivoluzione e dopo gli scontri di sabato a Port Said a seguito dell’emissione di 21 condanne a morte per i tafferugli avvenuti nello stadio il primo febbraio 2012, ieri nella stessa Port Said sette persone sono morte e altre 630 sono rimaste ferite. Sempre ieri scontri si sono verificati anche a piazza Tahrir al Cairo, dove la polizia ha lanciato lacrimogeni sui manifestanti, che hanno a loro volta lanciato sassi, e in diverse città della regione del Delta del Nilo, tra cui Mahallah. Per far fronte alla situazione in serata Morsi ha dichiarato lo stato d’emergenza per 30 giorni per tre province: Port Said, Ismailiya e Suez. Qui sarà in vigore anche un coprifuoco valido dalle 21 alle 6 di mattina.
GLI SCONTRI A PORT SAID. A Port Said è stato ieri il secondo giorno di scontri. Sabato 37 persone erano morte nelle proteste scoppiate dopo che un tribunale ha emesso la sentenza di condanna a morte per 21 degli imputati nel processo per i tafferugli di febbraio allo stadio di Port Said, in cui morirono 74 persone. Ieri poi, durante i funerali delle 37 vittime di sabato, sono scoppiati scontri a fuoco tra la polizia e uomini armati, che hanno provato a fare irruzione in due stazioni della polizia e nel principale carcere della città. In queste sparatorie sono morte sette persone e 630 sono rimaste ferite.
IN EGITTO 55 MORTI DA VENERDI’. Salgono così a 55 i morti in Egitto da venerdì, quando i primi scontri sono scoppiati nel secondo anniversario delle rivolte del 25 gennaio che portarono al crollo del regime di Mubarak. Solo a Port Said tra sabato e domenica sono morte 44 persone, mentre altre 11 erano morte venerdì, la maggior parte a Suez.
MORSI DICHIARA STATO D’EMERGENZA E COPRIFUOCO IN TRE PROVINCE. In serata il presidente egiziano Mohammed Morsi è intervenuto con un discorso trasmesso dalla tv di Stato. Apparentemente irritato e in certi momenti quasi alzando la voce, Morsi ha dichiarato lo stato d’emergenza per 30 giorni in tre province: Port Said, Ismailiya e Suez. Inoltre ha imposto nelle stesse aree un coprifuoco che sarà valido per un mese dalle 21 alle 6 del mattino. Il presidente ha aggiunto che non esiterà ad adottare ulteriori provvedimenti per fermare l’ultima ondata di violenze che sta scuotendo il Paese. Non ha precisato cosa abbia in programma di fare per fermare la violenza in altre parti del Paese, ma ha segnalato di aver dato istruzioni alla polizia di trattare “in modo risoluto ed energico” chi attacchi le istituzioni statali usando armi per “terrorizzare” i cittadini, o bloccando strade e linee ferroviarie. Poi ha cercato poi di rassicurare gli egiziani dicendo che “non c’è nessun passo indietro su libertà, democrazie a supremazia della legge”.
INVITO AL DIALOGO NAZIONALE. Sempre nel discorso alla tv di Stato Morsi ha invitato le forze politiche a partecipare da oggi a un incontro per il dialogo nazionale per risolvere l’ultima crisi che sta scuotendo il Paese. Una nota diffusa successivamente dal suo ufficio spiega che tra gli invitati ci sono il Nobel per la Pace Mohammed ElBaradei, l’ex capo della Lega araba Amr Moussa e Hamdeen Sabahi, arrivato terzo nelle ultime elezioni presidenziali. Tutti e tre sono leader del Fronte di salvezza nazionale, un gruppo che raccoglie i principali partiti dell’opposizione.
LA RISPOSTA DELL’OPPOSIZIONE. Khaled Dawoud, portavoce del Fronte, ha detto ad Associated Press che l’invito di Morsi è privo di significato a meno che lui non precisi cosa c’è in agenda. Il programma, ha aggiunto, dovrebbe includere la modifica della contestata Costituzione. Il portavoce del Fronte ha inoltre criticato Morsi per non avere riconosciuto la sua responsabilità politica nelle violenze. “È tutto troppo poco e troppo tardi”, ha detto. In passato l’opposizione ha respinto l’invito di Morsi al dialogo, sostenendo che il presidente debba prima mostrare la sua volontà politica di venire incontro ad alcune richieste dei suoi oppositori.
LE VIOLENZE DEL 2012 ALLO STADIO DI PORT SAID. Le violenze allo stadio di Port Said, per le quali sono state emesse alcune sentenze sabato, risalgono al primo febbraio del 2012 e scoppiarono al termine della partita di calcio di campionato fra l’Al-Masry e la Al-Ahly, quest’ultima del Cairo. Rimasero uccise 74 persone e si trattò del peggiore episodio degli ultimi 15 anni di violenza legata al calcio nel mondo. La vittoria dall’Al-Masry contro la più quotata Al-Ahly per 3-1 scatenò un’invasione di campo dei tifosi vincitori, che inseguirono gli avversari. Il giorno dopo sorsero subito polemiche e il dito fu puntato contro la polizia che avrebbe dovuto occuparsi della sicurezza nello stadio. Sotto accusa in particolare il fatto che a un certo punto la struttura rimase al buio, lasciando ai tifosi maggiore libertà di azione. La maggior parte delle vittime erano membri dell’Ultras Ahlawy, gruppo di tifosi politicizzato dell’Al-Ahly e noto per la sua rivalità con la polizia, il che ha alimentato l’ipotesi che gli agenti abbiano chiuso un occhio davanti alle violenze. Gli Ultras, infatti, hanno giocato un ruolo chiave nella rivolta contro Hosni Mubarak e i fan dell’Al-Ahly hanno sempre criticato gli agenti per essere scomparsi dalle strade durante i 18 giorni di proteste che portarono alla caduta dell’ex presidente egiziano. Per le violenze nello stadio di Port Said sono state mandate a processo 73 persone, ma sabato il tribunale ha emesso solo 21 sentenze. Le altre 52 sono attese per il 9 marzo.
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