Nuova Delhi (India), 4 mar. (LaPresse/AP) – E’ stata incriminata per tentato suicidio l’attivista indiana Irom Sharmila, da 12 anni in sciopero della fame contro le leggi che sospendono la tutela dei diritti umani nelle zone di conflitto del Paese. Il giudice Akash Jai ha fissato al 22 maggio l’inizio del processo, in cui rischia un anno di carcere. La donna, soprannominata ‘Signora di ferro’ dai suoi sostenitori, non mangia un pasto dal novembre 2000 ed è tenuta in vita dall’alimentazione forzata cui è sottoposta mentre è in custodia.
La 40enne viene rilasciata una volta l’anno per verificare se inizi a nutrirsi, come prevede la legge, e quando non lo fa viene riportata in custodia. La sua protesta è contro la Legge sui poteri speciali delle forze armate, in vigore dal 1958, secondo cui nella zona indiana del Kashmir e in altre parti del nordest indiano le forze armate hanno il diritto di sparare ai ribelli senza essere perseguibili, di arrestare militanti senza disporre di mandato, di effettuare perquisizioni e sequestri con ampia libertà.
I gruppi per i diritti umani accusano l’esercito indiano di usare la legge per arrestare, torturare e uccidere i sospetti ribelli, talvolta anche dando il via a pretestuosi scontri a fuoco per ucciderli. Le polemiche sulle leggi che regolano i comportamenti degli ufficiali si sono riaccese di recente in India, a seguito dello stupro di gruppo di una ragazza su un bus notturno di Nuova Delhi, poi morta per le violenze. Nel bersaglio l’atteggiamento delle autorità nei confronti degli abusi sulle donne.
Sharmila ha mangiato l’ultima volta un pasto il 4 novembre 2000 a Imphal, capitale di Manipur, uno degli Stati nordorientali dove sono in corso rivolte. Tre giorni dopo è stata arrestata e costretta a nutrirsi attraverso una cannula inserita nel naso. Oggi il magistrato l’ha incriminata in tribunale per una protesta cui la donna prese parte nel 2006 a Nuova Delhi, quando la polizia la portò in ospedale e registrò il suo tentato suicidio. L’attivista si è dichiarata non colpevole e ha dichiarato: “Amo la vita, non voglio uccidermi ma voglio pace e giustizia”, ha riportato Press Trust of India. “Continuerò il mio digiuno fino a quando la legge sui poteri speciali sarà ritirata”, ha aggiunto lasciando l’aula. Fuori dal tribunale gruppi di sostenitori manifestavano in suo sostegno.
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