New York (New York, Usa), 6 mar. (LaPresse/AP) – Ventuno osservatori delle Nazioni unite sono stati sequestrati nella zona delle alture del Golan da ribelli siriani. A dare la notizia sono state le stesse Nazioni unite, che hanno spiegato i peacekeeper non erano nella zona in relazione al conflitto in corso in Siria, ma erano impegnati nella missione Undof che monitora il cessate il fuoco tra Israele e Siria. L’Onu ha chiesto l’immediato rilascio senza condizioni, invitando anche i Paesi che hanno influenza sull’opposizione armata al regime di Damasco a premere per la liberazione. I ribelli, nel video, annunciano che il sequestro proseguirà sino a quando le forze di Bashar Assad non avranno lasciato il villaggio di Jamlah, in provincia di Daraa al confine con Israele.

IL SEQUESTRO. Il vice portavoce delle Nazioni unite, Eduardo del Buey, ha spiegato che il personale rapito era in missione quando è stato fermato vicino a un posto di osservazione, che lo scorso fine settimana è stato danneggiato e di conseguenza evacuato a causa dei pesanti combattimenti. Del Buey ha aggiunto che la missione di peacekeeping dell’Onu ha dispiegato una squadra per gestire la situazione. Secondo la ricostruzione dell’ambasciatore russo all’Onu e presidente del Consiglio di sicurezza, Vitaly Churkin, “non ci sono stati combattimenti, secondo quanto ci è stato detto, ritengo che abbiano preso il controllo dei mezzi in cui viaggiava il personale Undof”.

LE CONDIZIONI. Secondo quanto riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, gruppo di attivisti, i ribelli accusano i peacekeeper di aver assistito il regime siriano nello schierarsi in una zona vicina alle alture, dove i combattenti dell’opposizione avevano preso il controllo a seguito di scontri in cui erano morti 11 ribelli e 19 soldati dell’esercito di Bashar Assad. L’Osservatorio ha precisato che i 21 sequestrati sarebbero filippini e che i rapitori dicono che non saranno rilasciati sino a quando le forze del regime di Damasco non si saranno ritirate dal villaggio di Jamlah. Un uomo, che si è identificato come portavoce della brigata dei Martiri di Yarmouk dicendo di chiamarsi Abu Qaed al-Faleh, ha dichiarato: “Non saranno rilasciati siano a quando le forze di Assad non si saranno ritirate dal villaggio di Jamlah al confine con Israele”.

ONU: RILASCIO IMMEDIATO. Il Consiglio di sicurezza Onu ha subito condannato il sequestro, chiedendone il rilascio immediato e senza condizioni. Churkin, dopo aver letto una dichiarazione, ha detto che gruppi armati erano stati visti nella zona di separazione, sintomo della minaccia per gli osservatori Onu. Ha aggiunto che colloqui sono in corso tra ufficiali delle Nazioni unite e i rapitori. Anche Ban Ki-moon ha condannato il rapimento.

ONU: PAESI INTERVENGANO. I sequestratori appartengono a un gruppo associato all’opposizione armata siriana e i Paesi che hanno influenza su di essa dovrebbero intervenire per favorire la liberazione degli ostaggi. È l’appello fatto da Churkin, che ha riferito le parole di Hervé Ladsous, sottosegretario generale delle Nazioni unite per le operazioni di pace, durante un briefing del Consiglio di sicurezza a porte chiuse.

LA MISSIONE UNDOF. Churkin ha definito “particolarmente inaccettabile e bizzarro” il sequestro, perché gli osservatori della missione Undof “erano disarmati e non hanno nulla a che fare con la situazione siriana”. Ha spiegato che “si trovano lì con una missione completamente diversa, quindi non c’è ragione alcuna, nessun tipo di ipotesi malsana, per fare del male a quelle persone”. La missione Undof, istituita nel 1974 a seguito della guerra dello Yom Kippur, ha il compito di controllare il cessate il fuoco delle forze israeliane e siriane.

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