Baghdad (Iraq), 23 apr. (LaPresse/AP) – Le forze di sicurezza irachene, con l’ausilio di elicotteri militari, hanno fatto irruzione prima dell’alba a Hawija, nel nord dell’Iraq, dove da diversi giorni era in corso una protesta sunnita. Ne sono derivati scontri che hanno portato alla morte di almeno 36 persone, in un’escalation di violenza che rischia di alimentare le ostilità tra il governo a guida sciita e la minoranza sunnita, che protesta da mesi. Il primo ministro Nouri al-Maliki ha annunciato la formazione di una commissione ministeriale speciale per indagare su quanto avvenuto, sottolineando la preoccupazione delle autorità.

Gli scontri sono avvenuti nella città a 240 chilometri a nord di Baghdad, ex roccaforte degli insorti. Come molte comunità a maggioranza sunnita, la città è stata teatro di molte manifestazioni antigovernative di gruppi sunniti che denunciano di essere discriminati da decisioni su base settaria. Si oppongono anche alle ambizioni curde di annettere la vicina Kirkuk alla regione autonoma curda. Da dicembre le tensioni si sono intensificate, mentre le autorità temono che si tratti di un rafforzamento dei militanti di al-Qaeda e di gruppi sunniti. Mentre la notizia del raid a Hawija si diffondeva in Iraq, gli altoparlanti delle moschee di Fallujah chiedevano agli abitanti di protestare in solidarietà con i sunniti. Circa mille persone sono quindi scese in strada, scandendo lo slogan ‘Guerra! Guerra!” mentre le forze di sicurezza arrivavano sul posto.

Il bilancio delle vittime resta confuso, con notizie contrastanti. Il ministero della Difesa ha parlato di 23 morti, tra cui un ufficiale dell’esercito, due soldati e 20 “militanti che stavano usando le proteste come rifugio”. Altri nove militari sono stati feriti. Il ministero ha anche detto che i militanti uccisi erano membri di al-Qaeda e del partito fuorilegge Baath di Saddam Hussein. L’ufficiale provinciale Sheik Abdullah Sami al-Asi ha invece parlato dapprima di 14 persone uccise e 50 ferite, poi parlando genericamente di molte vittime.

Quattro giorni fa un posto di blocco gestito congiuntamente da polizia ed esercito vicino alla città è statao attaccato da militanti che hanno sequestrato una gran quantità di armi, ha riferito il ministero della Difesa. In seguito, i militanti si sono nascosti nella folla di dimostranti sunniti, portando allo scontro. Le forze di sicurezza hanno tentato di negoziare perché si consegnassero, ma senza esito. Le autorità hanno quindi chiesto ai dimostranti di allontanarsi, molti dei quali l’hanno fatto, e questa mattina è partito il raid. Quando gli agenti hanno tentato di effettuare gli arresti, sono stati attaccati con armi da fuoco, anche da cecchini. Alla fine degli scontri, sono state 75 le persone arrestate e molte le armi sequestrate, tra cui mitragliatrici, granate, coltelli, pugnali e spade, ha fatto sapere il ministero della Difesa.

Il portavoce del minitero dell’Interno, il colonnello Saad Maan Ibrahim, ha spiegato che gli elicotteri dell’esercito sono intervenuti ma non hanno sparato. Intanto Eliana Nabaa, portavoce dell’Iraq all’Onu, ha chiesto a entrambe le parti di fermare immediatamente le violenze. “Fermate immediamente l’uso di armi”, ha dichiarato. In un episodio di violenza separato, questa mattina due bombe sono esplose vicino a una moschea sunnita nel quartiere Dora di Baghdad, uccidendo sette fedeli e ferendone altri 17. Lo hanno fatto sapere fonti ufficiali e sanitarie, a condizione di anonimato. Al momento delle esplosioni, avvenute simultaneamente, i fedeli stavano lasciando l’edificio religioso dopo le preghiere del mattino, ha spiegato la polizia.

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