Reyhanli (Turchia), 11 mag. (LaPresse/AP) – Due autobomba sono esplose in Turchia vicino al confine con la Siria, provocando almeno 43 morti e 130 feriti, e Ankara punta il dito contro gruppi legati al regime di Damasco. L’attentato è avvenuto a Reyhanli, nella provincia di Hatay già teatro di altre violenze, che ospita fra 20mila e 25mila rifugiati siriani. Si tratta di uno degli attacchi peggiori avvenuti in Turchia negli ultimi anni e solleva interrogativi sul coinvolgimento di Ankara nella guerra civile siriana.

ESPLOSE 2 AUTOBOMBE CON TARGA SIRIANA. A esplodere sono state due autobombe a distanza di 15 minuti l’una dall’altra: una è saltata in aria davanti al municipio di Reyhanli e l’altra davanti all’ufficio postale. Secondo quanto hanno raccontato alcuni feriti giunti in un ospedale allestito alla periferia della città, entrambe le auto avevano targa siriana. Reyhanli, uno dei principali centri che accolgono rifugiati e ribelli siriani in Turchia, si trova poco oltre il confine con la provincia siriana di Idlib.

PALAZZI SVENTRATI. Le esplosioni sono state talmente forti che hanno sventrato alcuni edifici e hanno disintegrato alcune auto. “Tre palazzi in parte sono crollati e sono ora inagibili”, racconta telefonicamente ad Associated Press uno dei testimoni, Talat Karaca, che ha assistito alla seconda esplosione dal tetto di casa sua. “A lungo non ci siamo potuti avvicinare al luogo dell’attentato a causa delle fiamme”, aggiunge. Khawla Sawah, direttore medico della Union of Syrian Medical Relief Organizations a Reyhanli, spiega che l’ospedale principale della città è pieno e molti feriti sono stati trasportati nella vicina città di Antakya e in una clinica allestita dal gruppo alla periferia di Reyhanli. Qui sono arrivati 11 feriti, di cui un turco e 10 siriani.

L’OMBRA DELLA SIRIA. I sospetti del governo di Ankara sono ricaduti sulla pista siriana. Uno dei vice premier, Besir Atalay, ha detto che i responsabili dell’attentato avvenuto oggi in Turchia vicino al confine con la Siria sono turchi, ma con legami con il servizio di intelligence della Siria. “Abbiamo in gran parte completato il nostro lavoro di identificazione degli aggressori”, ha detto ai giornalisti. “Abbiamo stabilito che gli aggressori hanno legami con l’organizzazione mukhabarat (cioè di intelligence ndr.) pro-regime” siriano, ha aggiunto il vice premier.

Poco prima un altro vice primo ministro, Bulent Arinc, aveva espresso i sospetti che dietro l’attentato ci fosse la Siria promettendo che, se la responsabilità verrà provata, Ankara “farà il necessario”. Nessuna precisazione, tuttavia, se il “necessario” comprenda anche l’ipotesi di un intervento militare. “Sappiamo che i rifugiati sono diventati un obiettivo del regime siriano, Reyhanli non è stata scelta per una coincidenza”, ha detto Arinc, puntando il dito contro l’agenzia siriana di intelligence e organizzazioni armate. Commentando a caldo, il premier turco Recep Tayyip Erdogan, aveva sollevato due ipotesi: una riconducibile alla Siria e l’altra ai colloqui di pace con i ribelli curdi mirati a porre fine a circa 30 anni di conflitto.

IN TURCHIA RIFUGIATI E OPPOSIZIONE SIRIANA. La Turchia ospita già l’opposizione siriana e alcuni comandanti ribelli. Dall’inizio del conflitto in Siria ha accolto inoltre centinaia di migliaia di rifugiati. In passato colpi siriani avevano raggiunto il territorio turco, ma l’attentato di oggi sarebbe quello con il maggior numero di vittime se venisse confermato un collegamento con il conflitto in Siria. Turchia e Siria condividono un confine di oltre 800 chilometri, che è stato stato sfruttato dai ribelli dal momento che Ankara ha permesso che il suo territorio venisse utilizzato come base logistica.

OPPOSIZIONE SIRIANA CONDANNA ATTACCO. La Coalizione nazionale siriana, la formazione che raccoglie i principali gruppi dell’opposizione in Siria, ha condannato l’attacco di oggi affermando di essere al fianco del “governo turco e del popolo turco amico”. La Coalizione definisce quanto avvenuto degli “atti terroristici atroci” interpretandoli come “un tentativo di vendicarsi sul popolo turco e di punirlo per il suo onorevole sostegno al popolo siriano”.

CONDANNA DEGLI USA. Condanna dell’attacco anche dagli Stati Uniti. L’ambasciata Usa ad Ankara ha diffuso una nota nella quale afferma che Washington “sta al fianco del popolo e del governo della Turchia per identificare i responsabili e portarli davanti alla giustizia”. L’attentato di oggi giunge a pochi giorni dall’attesa visita di Erdogan negli Stati Uniti per colloqui, al centro di quali ci sarà certamente la Siria. Inoltre ieri Erdogan aveva accusato il regime siriano di avere lanciato circa 200 missili con armi chimiche.

I PRECEDENTI. La zona vicino al confine tra Siria e Turchia è stata teatro di pesanti combattimenti fra ribelli e forze del regime siriano. Lo scorso 11 febbraio un’autobomba è esplosa a un varco di frontiera Bab al-Hawa, a pochi chilometri da Reyhanli, uccidendo 14 persone. Allora il ministro dell’Interno turco accusò le agenzie di intelligence della Siria e l’esercito. Per quell’attentato sono agli arresti quattro siriani e un turco. L’attacco non è stato rivendicato, ma l’opposizione siriana ha accusato il governo di Damasco denunciando che l’esplosione aveva mancato per poco 13 membri del gruppo. La maggior parte delle vittime furono siriani che erano in attesa di entrare in Turchia. La tensione fra Damasco e Ankara è salita anche dopo che alcuni colpi di mortaio sparati dalla Siria sono caduti dal lato turco del confine. La Turchia chiese alla Nato e ottenne il dispiegamento di missili Patriot lungo il confine.

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