Washington (Usa), 16 mag. (LaPresse/AP) – Piove sulla Casa Bianca. Non si spengono le polemiche sull’amministrazione Obama dopo lo scoppio degli scandali che hanno coinvolto l’Internal Revenue Service (l’agenzia delle entrate Usa), accusata di aver preso di mira gruppi politici conservatori, e il dipartimento di Giustizia che ha controllato di nascosto i dati relativi a due mesi di telefonate dello scorso anno dei giornalisti di Associated Press. In una conferenza stampa congiunta con il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, che avrebbe dovuto concentrarsi soprattutto sulla questione del Medioriente e della Siria, Obama ha dovuto rispondere a numerose domande sulle vicende interne che stanno mettendo in difficoltà l’amministrazione.

OBAMA: SU IRS NON SAPEVO NULLA. Sulla questione Irs, Obama ha garantito di non aver saputo nulla della condotta illecita dell’agenzia fino a quando lo scandalo è emerso. “Penso che riusciremo a risolvere il problema”, ha detto il presidente, promettendo poi la garanzia che l’agenzia “farà il suo lavoro in modo scrupoloso, senza alcun pregiudizio”. Nella notte italiana il capo della Casa Bianca aveva tenuto un discorso trasmesso in televisione per spiegare di aver chiesto e ottenuto le dimissioni del commissario dell’Irs, Steven Miller, su richiesta del segretario al Tesoro Jacob Lew. Secondo fonti di Associated Press, a sostituire Miller dovrebbe essere Daniel Werfel, funzionario al bilancio della Casa Bianca. Il comportamento dell’agenzia, aveva detto Obama, è particolarmente “vergognoso visto il suo potere e la portata che ha nelle vite di tutti noi”. Il dipartimento di Giustizia sta indagando sul caso, così come tre commissioni del Congresso. Nella lettera che Miller ha inviato al personale, annuncia le proprie dimissioni da giugno: “E’ stato un periodo incredibilmente difficile per l’Irs, visti i fatti degli ultimi giorni, ed è necessario ripristinare in modo forte e immediato la fiducia nell’agenzia fiscale”.

NESSUNA SCUSA SU CONTROLLO AP. Sotto la pioggia che d’un tratto ha iniziato a cadere nel Giardino delle rose della Casa Bianca durante la conferenza stampa, Obama è stato poi interrogato dai giornalisti sullo scandalo che ha coinvolto AP. Nessuna scusa per aver cercato di proteggere informazioni segrete, ha detto il presidente, sottolineando che il caso mostra l’importanza di trovare un giusto equilibrio tra salvaguardare le informazioni classificate e garantire la libertà di stampa. L’indagine sulla fuga di notizie lanciata dal dipartimento di Giustizia è stata necessaria per la sicurezza nazionale, ha voluto sottolineare Obama, ribadendo ancora una volta la sua piena fiducia nel procuratore generale Eric Holder.

RAFFORZARE SICUREZZA AMBASCIATE. Il presidente ha quindi cercato di rispondere anche alle critiche che da mesi si concentrano sull’operato dell’amministrazione per quanto riguarda la gestione del caso Bengasi, la città libica dove l’11 settembre scorso, in un’attacco al consolato Usa, morirono l’ambasciatore Chris Stevens e altri tre funzionari americani. Obama ha chiesto al Congresso di “finanziare pienamente” la richiesta dell’amministrazione per quando riguarda la sicurezza delle ambasciate. Spiegando di essere al lavoro sul tema con democratici e repubblicani, il presidente ha sottolineato di aver bisogno dell’aiuto del Congresso per garantire che le sedi diplomatiche all’estero siano al sicuro, e ha annunciato che l’amministrazione aumenterà le capacità di intelligence per garantire la sicurezza dei diplomatici. “Abbiamo bisogno di unirci e onorare il sacrificio di quei quattro coraggiosi americani, e migliorare la sicurezza delle nostre sedi diplomatiche in tutto il mondo”, ha affermato Obama, che poi ha aggiunto: “Ecco come abbiamo imparato le lezioni di Bengasi, ecco come abbiamo mantenuto la fede negli uomini e nelle donne che abbiamo andato oltremare a rappresentare l’America”.

PER SIRIA NON C’E’ FORMULA MAGICA. Spazio c’è stato ovviamente anche per la più spinosa questione internazionale degli ultimi anni, il conflitto siriano. “Non esiste una formula magica – ha detto Obama – per affrontare una situazione violenta e difficile come quella della Siria”, ma Usa e Turchia “continueranno ad aumentare la pressione sul regime di Assad e a lavorare con l’opposizione siriana. Entrambi siamo d’accordo sul fatto che Assad se ne debba andare”. Il presidente si è poi concentrato sul futuro e la possibilità di trovare una via d’uscita al conflitto, grazie anche all’impegno del segretario di Stato John Kerry che nei giorni scorsi ha incontrato a Mosca il presidente russo Vladimir Putin. I colloqui di Ginevra con la Russia sul conflitto siriano “devono produrre risultati”, ha detto Obama, sottolineando che la guerra civile in Siria è un forte carico sulla vicina Turchia, e garantendo che Washington continuerà ad aiutare Ankara e altri governi dell’area ad affrontare il problema dei rifugiati e altre questioni relative al conflitto. L’unico modo per risolvere la crisi da parte di Assad, ha aggiunto Obama, è dare il potere a un governo di transizione. La Turchia, ha proseguito, giocherà un ruolo fondamentale in questo processo.

ERDOGAN CONFERMA VISITA A GAZA. Prima della conferenza stampa il presidente americano aveva tenuto un incontro con Erdogan di tre ore nello studio ovale della Casa Bianca. I colloqui si sono concentrati principalmente su questioni di interesse internazionale, tra cui anche il Medioriente. E proprio su questo tema, nonostante l’opposizione di Usa e Israele, Erdogan ha confermato la volontà di recarsi in visita a Gaza il mese prossimo, quando viaggerà anche in Cisgiordania. L’amministrazione Usa di recente ha negoziato un accordo tra Turchia e Israele, dopo la rottura seguita al raid del 2010 dell’esercito di Tel Aviv su una nave della Freedom flotilla, costato la vita a nove cittadini turchi. Ma la Casa Bianca ha più volte fatto sapere la sua contrarietà al viaggio del premier turco a Gaza. Gli Stati Uniti, ha ribadito in serata la portavoce del dipartimento di Stato Usa Jen Psaki, rimangono contrari a ogni coinvolgimento con Hamas, che governa Gaza. Hamas, ha detto la Psaki, è una “organizzazione terroristica straniera che rimane una forza destabilizzante nella regione e a Gaza”.

OMBRELLI MARINES CONTRO LA PIOGGIA. Nella difficoltà della situazione, c’è stato però anche qualche momento di ilarità. Per alcuni istanti i reporter presenti si sono domandati chi avrebbe difeso Obama dalla pioggia. Dopo che i due leader si sono trasferiti dallo studio ovale al Giardino delle rose, 47 minuti in ritardo rispetto al programma, il sole ha infatti lasciato spazio a una pioggia costante. Dopo la dichiarazione di apertura, Obama ha offerto a Erdogan un ombrello, ma il premier turco ha rifiutato. Alcuni minuti dopo, la pioggia è sembrata distrarre il presidente americano, che ha chiesto l’intervento di due marines. I militari, guanti bianchi e postura impeccabile, si sono così posizionati vicino a Obama e al suo ospite. Il presidente ha scherzato dicendo di avere a disposizione un cambio d’abito, ma di non essere sicuro che fosse così anche per Erdogan.

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