Il Cairo (Egitto), 1 lug. (LaPresse/AP) – “Le forze armate tornano a chiedere che si risponda alle richieste del popolo e danno a ciascuna delle parti 48 ore come ultima possibilità per farsi carico di un momento storico per una nazione che non perdonerà o tollererà alcun partito che sia lento ad assumersi le sue responsabilità”. Così in una dichiarazione letta alla televisione di Stato l’esercito egiziano è intervenuto sulla crisi politica che da tempo sta attraversando il Paese, chiedendo ai sostenitori e agli oppositori del presidente Mohammed Morsi di trovare un accordo.
L’esercito non ha specificato cosa intenda con “richieste del popolo”, ma ha sottolineato che se queste non verranno realizzate, le forze armate saranno obbligate ad “annunciare una road map per il futuro e i passi per controllare la sua applicazione, con la partecipazione di tutti i partiti e movimenti patriottici e sinceri”. Nel comunicato inoltre si definiscono “grandiose” le proteste che hanno portato milioni di persone in piazza. I dimostranti, ha aggiunto, hanno espresso la propria opinione “in maniera pacifica e civilizzata”.
Intanto però sono 16 le persone morte e 781 quelle rimaste ferite negli scontri di ieri. Lo ha annunciato oggi alla televisione statale il portavoce del ministero della Salute, Yehya Moussa. Otto persone sono morte al quartier generale dei Fratelli musulmani al Cairo, dove nella notte ci sono stati disordini e che stamattina è stato preso d’assalto da alcuni manifestanti, che lo hanno saccheggiato.
Quello lanciato oggi è il secondo ultimatum dato dall’esercito a Morsi e all’opposizione affinché raggiungano un accordo. La scorsa domenica, infatti, il ministro della Difesa Abdel-Fattah el-Sissi aveva dato alle due parti una settimana per raggiungere un accordo. L’ultimatum è scaduto ieri e Morsi ha ripetuto solo la sua offerta di dialogo che l’opposizione ha però respinto. Anche gli organizzatori delle proteste di ieri hanno dato al presidente un ultimatum per domani alle ore 17 per dimettersi, oppure dovrà affrontare una escalation nelle campagna volta a estrometterlo dal potere, comprese forme di disobbedienza civile.
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