Il Cairo (Egitto), 18 ago. (LaPresse/AP) – La scuola francescana di Bani Suef, in Egitto, è stata data alle fiamme dagli islamisti, che hanno poi fatto sfilare tre suore per le strade come se fossero prigioniere di guerra, prima che una donna musulmana offrisse loro rifugio. Altre due donne che lavoravano nella scuola hanno inoltre subìto molestie sessuali mentre provavano a farsi largo tra la folla. A raccontarlo è suor Manal, la direttrice della scuola, che in un’intervista telefonica di circa un’ora ad Associated Press ricostruisce quanto accaduto mercoledì, poco dopo i brutali raid delle forze di sicurezza per sgomberare due sit-in pro Morsi al Cairo, che hanno provocato un bagno di sangue. Da allora gli islamisti hanno attaccato decine di chiese, oltre che case e negozi di proprietà della minoranza cristiana, e sono già due i cristiani uccisi. Sembra trattarsi di una campagna di intimidazione mirata a intimare ai cristiani fuori dal Cairo di restare fuori dall’attivismo politico.
SUORE COSTRETTE A SFILARE COME PRIGIONIERI. Dopo avere fatto irruzione nell’istituto “ci hanno fatte sfilare come prigionieri di guerra e ci hanno insultate, mentre ci conducevano in giro di strada in strada senza dirci dove ci stavano portando”, racconta al telefono suor Manal. Poi una donna musulmana che insegnava una volta nella scuola ha visto Manal e le altre due suore mentre passavano accanto a casa sua, circondate da una folla di curiosi, e ha offerto loro ospitalità, anche confidando nel fatto che il genero è un poliziotto.
L’ASSALTO ALLA SCUOLA FRANCESCANA. Sorella Manal, 47 anni, ricostruisce l’accaduto come segue: mercoledì stava facendo colazione con altre due suore ospiti, Abeer e Demiana, quando è giunta la notizia del violento sgombero dei due sit-in pro Morsi del Cairo da parte della polizia, con centinaia di morti. Poco dopo una folla di persone ha fatto irruzione nella scuola, sfondando le finestre. Ne sono seguite sei ore di caos, in cui gli aggressori hanno saccheggiato quanto c’era nell’istituto, dai soldi ai computer, da tavoli e sedie ai proiettori.
BANDIERA SIMILE AD AL-QAEDA. Poi hanno smontato la croce all’ingresso e l’hanno sostituita con un cartello nero somigliante alla bandiera di al-Qaeda. C’era fuoco in ogni angolo dell’istituto, che è composto da un edificio principale di 115 anni fa e da altre due strutture più recenti, ed è andata in fiamme anche la biblioteca.
LE SUORE SALVATE DA UNA DONNA MUSULMANA. Frenetiche le chiamate di sos alla polizia, ricorda suor Manal, ma nonostante le promesse di un rapido intervento non è arrivato nessuno. Tuttavia nel frattempo la polizia era impegnata in scontri con gli islamisti fuori, per le strade di Bani Suef, con lanci di lacrimogeni. Gli aggressori hanno dato alla religiosa solo il tempo di prendere alcuni vestiti, poi hanno portato le tre suore fuori ed è a questo punto che sono state costrette a “sfilare come prigionieri di guerra” per le strade mentre venivano insultate. Due donne cristiane impiegate della scuola intanto, Wardah e Bedour, hanno dovuto lottare per farsi largo in mezzo alla folla mentre venivano palpeggiate, colpite e insultate. La donna musulmana che ha offerto loro rifugio si chiama Saadiyah, dice suor Manal. “Si è offerta di accoglierci dicendo che poteva proteggerci visto che suo genero è un poliziotto e noi abbiamo accettato”, spiega al termine del suo racconto.
L’ISTITUTO NEL MIRINO DEGLI ISLAMISTI. Suor Manal ricorda che una settimana prima il padre di un alunno, che fa il poliziotto, l’aveva avvertita del fatto che la sua scuola era nel mirino di estremisti islamici convinti che stesse dando un’educazione non appropriata ai bambini musulmani. La religiosa non aveva prestato attenzione alla cosa, racconta, tranquilla per il fatto che, avendo un uguale numero di alunni musulmani e cristiani, secondo lei la scuola non potesse essere presa di mira da estremisti islamici. Ma si sbagliava. L’istituto si trova fra l’altro in una posizione particolare: di fronte alla principale stazione dei treni di Bani Suef e accanto a un affollato terminal di bus, che nelle ultime settimane ha attratto numerosi islamisti diretti al Cairo per unirsi ai due sit-in di protesta pro Morsi: quello più piccolo in piazza al-Nahda, vicino all’università, e il principale nei pressi della moschea di Rabaah al-Adawiya, nel quartiere orientale di Nasr City. La zona è inoltre una delle principali roccaforti di Fratelli musulmani e ultraconservatori salafiti in città.
ATTACCHI A CHIESE E MONASTERI, DA MERCOLEDI’ 2 MORTI. Da mercoledì circa 40 chiese copte sono state attaccate con incendi e saccheggi, mentre altre 23 chiese hanno riportato gravi danni. Numerose le case e i negozi di proprietà di cristiani che sono stati presi di mira e, dal giorno del sanguinoso sgombero dei sit-in, sono due le vittime cristiane: un conducente di taxi che era finito in una protesta di sostenitori di Morsi ad Alessandria e un altro uomo che è stato ucciso con colpi d’arma da fuoco dagli islamisti nella provincia meridionale di Sohag. Molti sostenitori di Morsi accusano infatti i cristiani di avere giocato un ruolo sproporzionatamente consistente nei giorni delle proteste di piazza in cui milioni di persone hanno protestato chiedendo le dimissioni del presidente della Fratellanza. Ma i Fratelli musulmani hanno condannato queste aggressioni, tramite il loro portavoce Mourad Ali. Inoltre il gruppo islamista Gamaa Islamiya, che è molto influente nelle province a sud del Cairo, ha negato di avere legami con gli attacchi.
I CRISTIANI IN EGITTO. I cristiani in Egitto, che costituiscono il 10% circa della popolazione totale di 90 milioni di persone, subiscono da tempo discriminazioni e violenze da parte della maggioranza musulmana. Gli attacchi sono infatti aumentati dopo l’ascesa al potere dei Fratelli musulmani sull’onda della Primavera araba del 2011, che ha portato alla cacciata di Hosni Mubarak. E un ulteriore aumento di aggressioni ai danni dei cristiani si è verificato a seguito della destituzione di Mohammed Morsi con il colpo di Stato dello scorso 3 luglio. Nonostante le violenze, tuttavia, la chiesa copta egiziana ha rinnovato ieri il suo coinvolgimento in politica, diffondendo una nota in cui si schiera a fianco dell’esercito e della polizia nella lotta contro “i gruppi armati violenti e il terrorismo”. La comunità cristiana egiziana, una delle più antiche del mondo, ha mantenuto nel corso degli anni un basso profilo, ma è diventata più attiva dal punto di vista politico dopo la cacciata di Mubarak, quando ha provato ad assicurarsi un trattamento equo.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata