Washington (Usa), 24 ago. (LaPresse) – Mentre Barack Obama valuta le possibili opzioni per rispondere al sospetto attacco con armi chimiche avvenuto in Siria, non escludendo quella militare, i suoi collaboratori per la sicurezza nazionale stanno studiando gli attacchi aerei della Nato in Kosovo del 1999 come possibile modello per agire senza un mandato delle Nazioni unite. È quanto riporta oggi il New York Times, spiegando che con la Russia che porrebbe probabilmente il suo veto in Consiglio di sicurezza all’Onu contro l’ipotesi di un intervento militare, sembra che Obama sia combattuto se bypassare le Nazioni unite, anche se ieri parlando alla Cnn ha avvertito che questa ipotesi richiederebbe una robusta coalizione internazionale e un giustificazione legale. “Se gli Stati Uniti intervenissero e attaccassero un altro Paese senza un mandato delle Nazioni unite e senza chiare prove che possano essere presentate, allora sorgerebbero questioni in termini di diritto internazionale, avremmo una soluzione per farlo funzionare?”, aveva detto Obama al programma ‘New Day’, aggiungendo che l’idea secondo cui gli Stati Uniti possono da soli porre fine alla guerra civile in Siria è “sopravvalutata”.
“È troppo dire che stiamo preparando giustificazioni legali per un intervento, dato che il presidente non ha ancora preso una decisione”, sottolineano fonti citate dal Nyt, che aggiungono tuttavia come “il Kosovo di certo è un precedente di qualcosa che è forse simile”. Il Kosovo è un precedente ovvio per Obama, afferma il New York Times, perché anche in Siria ci sono civili uccisi e la Russia ha legami consolidati con il governo accusato degli abusi. L’intervento americano in Kosovo giunse dopo la brutale repressione degli albanesi compiuta nel 1998 e 1999 dal governo di Slobodan Milosevic, da tempo sostenuto da Mosca. Nel 1999 il presidente Usa Bill Clinton utilizzò l’endorsement della Nato e la logica della protezione dlla popolazione vulnerabile per giustificare 78 giorni di attacchi aerei.
“L’argomentazione del 1999 nel caso del Kosovo fu che c’era una grave emergenza umanitaria e che la comunità internazionale aveva la responsabilità di agire, se necessario con la forza”, spiega un ex ambasciatore degli Usa presso la Nato, Ivo H. Daalder, ora presidente del Chicago Council on Global Affairs. Nel caso della Siria, spiega, l’amministrazione potrebbe affermare che l’uso di armi chimiche ha causato una grave emergenza umanitaria e che senza una risposta con la forza ci sarebbe il pericolo che Assad possa usarle un’altra volta su larga scala. Il New York Times riporta infine la testimonianza di un ex consigliere di Obama per il Medioriente, Dennis B. Ross, secondo il quale se il presidente vuole trovare la giustificazione legale per un intervento “ci sono molti modi per farlo al di fuori del contesto dell’Onu”.
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