Washington (Usa), 31 ago. (LaPresse/AP) – Attacco alla Siria deciso ma rimandato. Barack Obama prende tempo e, in un discorso tenuto in serata dal Giardino delle rose della Casa Bianca, annuncia che chiederà al Congresso l’autorizzazione per un’azione militare. Obama ha affermato di avere deciso che gli Stati Uniti ‘devono intervenire militarmente’ e che lui è ‘pronto a dare quest’ordine’ e l’attacco ‘potrebbe essere domani, tra una settimana o da qui a un mese’, ma vuole consultare il Congresso. Anche se in quanto comandante in capo non sarebbe necessario. Non è chiaro però cosa succederebbe qualora i parlamentari si pronunciassero a sfavore dell’intervento. Subito dopo la Francia fa sapere che a questo punto attenderà Washington per decidere il da farsi. Per l’Italia, invece, il premier Enrico Letta ribadisce che ‘comprendiamo l’iniziativa di Stati Uniti e Francia, alla quale però, senza le Nazioni Unite, non possiamo partecipare’. Dal canto suo la Siria, dove il discorso di Obama è stato trasmesso in diretta dalla tv di Stato, si dice pronta a combattere: l’esercito ‘ha il dito sul grilletto’, ha dichiarato il primo ministro. Intanto gli ispettori Onu sono rientrati all’Aia dopo avere raccolto campioni e testimonianze che serviranno a stabilire con certezza se a Damasco lo scorso 21 agosto sono state usate armi chimiche; non rientra invece nel mandato del team Onu stabilire chi abbia usato gli armamenti chimici. E nel mondo, da Londra a Washington, da Francoforte ad Amman, si susseguono proteste per dire no all’intervento militare.

OBAMA CHIEDE VOTO DEL CONGRESSO DOPO 9 SETTEMBRE. Gli Stati Uniti sono pronti a colpire e Obama ha deciso dopo una attenta riflessione che un’intervento militare ci deve essere, ma a sorpresa l’inquilino della Casa Bianca annuncia che chiederà al Congresso di votare per il via libera. Con sei navi da guerra della marina Usa nel Mediterraneo pronte a colpire, il presidente degli Stati Uniti ha sottolineato che avrebbe l’autorità per potere agire da solo, ma che ritiene importante che negli Stati Uniti si tenga un dibattito. Il voto in Congresso si terrà al rientro dei parlamentari dalla ferie, previsto per il 9 settembre. Non è chiaro cosa succederebbe se il Congresso votasse contro un intervento militare. A chi gli ha posto la domanda dalla platea al termine del discorso alla Casa Bianca, Obama non ha risposto. La memoria riporta al caso del Regno Unito, dove giovedì sera il premier David Cameron ha subìto una umiliante sconfitta nella Camera dei comuni, che ha bocciato la proposta di un’azione militare.

Fonti dell’amministrazione Usa riferiscono che la decisione di consultare il Congresso è stata presa all’ultimo momento. Le fonti spiegato che Obama aveva programmato di avviare un’azione militare contro la Siria senza l’autorizzazione del Congresso, ma poi ieri sera ha comunicato ai suoi collaboratori di avere cambiato idea dopo una lunga discussione con il suo capo di Gabinetto, Denis McDonough. Secondo il leader dei repubblicani al Senato, Mitch McConnell, il ruolo di comandante in capo del presidente degli Stati Uniti viene rafforzato quando ha il sostegno dei deputati.

ISPETTORI ONU TORNATI ALL’AIA, ATTESI TEST. E il nuovo calendario fissato da Obama, per caso o forse non per caso, darà probabilmente tempo agli ispettori delle Nazioni unite di ricevere i risultati dei test di laboratorio sui campioni che hanno raccolto in Siria. Il team Onu che era incaricato di indagare sul presunto uso di armi chimiche nell’attacco del 21 agosto alla periferia est di Damasco è infatti tornato oggi all’Aia, in Olanda. Il gruppo è ripartito da Damasco stamattina e si è recato nel confinante Libano, dirigendosi con un convoglio di 13 auto verso l’aeroporto di Beirut; da qui è partito per Rotterdam a bordo di un volo noleggiato dal governo della Germania ed è infine arrivato all’Aia. I campioni raccolti, per esempio di sangue e urine, saranno spediti in laboratori in diverse parti d’Europa e per completare i test ci vorranno alcuni giorni.

DOMENICA CAPO ISPETTORI AGGIORNERA’ BAN KI-MOON. Il segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, sarà aggiornato domani dal capo degli ispettori Onu Ake Sellstrom, che oggi ha sentito soltanto per ringraziarlo. Sempre oggi Ban ha incontrato la responsabile Onu per il disarmo, Angela Kane, ma il contenuto del briefing non è stato reso noto.

Inoltre, interpellato sul possibile intervento militare degli Stati Uniti, il portavoce dell’Onu Martin Nesirky ha definito ‘grottesca’ qualsiasi affermazione secondo la quale la partenza degli ispettori Onu dalla Siria aprirebbe una finestra per un attacco. Nesirky ha sottolineato che restano in Siria circa mille membri dello staff internazionale e dell’Onu e ha affermato che le Nazioni unite sono preoccupate per il loro benessere tanto quanto lo sono per il team di ispettori che ha indagato sull’uso di armi chimiche.

FRANCIA ATTENDE CONGRESSO USA. Poco dopo il discorso di Obama, da Parigi fonti dell’Eliseo hanno fatto sapere di un colloquio telefonico tra François Hollande e il presidente Usa. I due hanno deciso di agire insieme sulla Siria, ha riferito la fonte, aggiungendo che la Francia attenderà che si tenga la discussione in Congresso negli Stati Uniti. Il Parlamento francese aveva già in programma di riunirsi mercoledì per discutere della Siria, ma Hollande non ha bisogno di un’autorizzazione dei deputati per intervenire militarmente.

DAMASCO: ABBIAMO IL DITO PRONTO SUL GRILLETTO. Damasco intanto torna a tuonare. ‘L’esercito siriano è del tutto pronto, ha il dito sul grilletto per affrontare qualsiasi sfida o scenario vogliano portare avanti’, ha dichiarato il primo ministro siriano, Wael al-Halqi, in dichiarazioni trasmesse dalla tv di Stato. Oggi la televisione di Stato siriana ha mandato in onda ripetutamente immagini di soldati in addestramento, jet che si levano in volo e carri armati che sparano verso obiettivi non visibili. E i talk show mattutini sono stati dominati da discussioni sul possibile attacco Usa. Inoltre è stato anche trasmesso in diretta con traduzione il discorso di Obama dal Giardino delle rose della Casa Bianca.

AVVERTIMENTI DA IRAN E RUSSIA. Avvertimenti arrivano agli Stati Uniti da Russia e Iran. Il presidente russo Vladimir Putin si è rivolto a Obama dicendo di parlare al premio Nobel per la Pace e non al presidente. Il leader del Cremlino lo ha invitato a non avere fretta di colpire la Siria, considerando le possibili vittime civili di un attacco, e ha inoltre sfidato gli Usa a presentare agli ispettori delle Nazioni Unite e al Consiglio di sicurezza le prove della responsabilità del governo di Assad nell’attacco con armi chimiche del 21 agosto. ‘Se ci sono prove dovrebbero essere presentate; se non vengono presentate, significa che non esistono’, ha detto Putin. Inoltre anche Teheran ha fatto sentire la sua voce. Un attacco contro la Siria ‘non sarebbe limitato entro i suoi confini ma avrebbe ripercussioni nell’intera regione’, ha detto Alaeddin Boroujerdi, capo della commissione sulla sicurezza nazionale del Parlamento dell’Iran, in visita a Damasco per mostrare il sostegno di Teheran al regime siriano.

PROTESTE PACIFICHE DA LONDRA A WASHINGTON. Intanto proteste pacifiche contro l’intervento militare in Siria si stanno tenendo in diverse città del mondo, da Londra a Washington, da Francoforte ad Amman, a Chicago a Boston. A Londra oltre mille manifestanti hanno marciato da Downing Street a Trafalgar Square, portando bandiere siriane e cartelli sui quali si leggeva ‘Giù le mani dalla Siria’. A Francoforte, in Germania, in piazza c’erano circa 700 persone per dire no all’attacco militare. Ad Amman, in Giordania, i manifestanti si sono radunati davanti all’ambasciata degli Stati Uniti e alcuni hanno bruciato bandiere di Stati Uniti e Israele. Un attacco sarebbe ‘un’aggressione all’intero mondo arabo’, spiega uno dei manifestanti, Kawthar Arrar. Proteste anche negli Stati Uniti. A Washington manifestazioni contro e a favore dell’intervento militare in Siria si sono tenute davanti alla Casa Bianca mentre Obama pronunciava il suo discorso dal Giardino delle rose. ‘Obama, giù le mani dalla Siria’, gridavano i dimostranti contrari alla guerra, che portavano dei cartelli gialli sui quali si leggeva ‘No alla guerra in Siria’. Ad di là della strada alcuni siriani e siriani-americani a sostegno di un intervento Usa sventolavano bandiere del loro Paese e cantavano slogan chiedendo di cacciare Bashar Assad. Cortei inoltre a Chicago, Boston e Houston.

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