El-Arish (Egitto), 13 set. (LaPresse/AP) – L’esercito egiziano ha ripreso l’offensiva nel Sinai settentrionale dopo una pausa seguita ai due attentati condotti mercoledì con autobombe. Lo rende noto un funzionario delle forze armate, rimasto anonimo, spiegando che all’alba elicotteri armati hanno preso di mira i nascondigli di sospetti militanti islamici in una dozzina di villaggi a sud della città di Sheikh Zuweyid e campi coltivati vicino a el-Arish. Intanto il gruppo militante Jund al-Islam ha rivendicato la responsabilità degli attacchi suicidi di mercoledì che hanno preso di mira sedi dell’intelligence militare e un checkpoint.

Sheik Hassan Khalaf, che vive in un villaggio a 5 chilometri dalle aree colpite, spiega di aver visto del fumo salire in cielo dopo le prime esplosioni iniziate alle 5 del mattino. “Penso – ha detto Khalaf in un’intervista telefonica – che gli attacchi suicidi siano un disperato tentativo di respingere l’assalto militare. Ma come residente qui, spero che l’esercito non si fermi finché non se ne saranno andati tutti”. In precedenza i membri delle tribù avevano espresso rabbia e dolore dopo che due anziani sono stati accidentalmente colpiti dall’esercito impegnato a demolire case nel mezzo dei combattimenti. “Questi takfiri – commenta ancora Khalaf riferendosi agli estremisti – si nascondono in mezzo alle aree residenziali. È una guerra ed è possibile che delle persone restino colpite. È inevitabile”.

Negli ultimi mesi, l’Egitto è stato teatro di una serie di attacchi suicidi, principalmente nel Sinai, dove gruppi ispirati ad al-Qaeda hanno guadagnato terreno dopo la caduta di Hosni Mubarak nel 2011. Alcuni gruppi hanno preso di mira le forze di sicurezza, cacciandole da città e villaggi. Altri hanno portato a termine attacchi contro gasdotti che vanno in Israele e hanno lanciato razzi contro lo Stato ebraico. Le formazioni militanti sembrano aver ritrovato una sorta di unità dopo il golpe del 3 luglio che ha deposto il presidente Mohammed Morsi in seguito alle proteste di milioni di egiziani.

L’attacco di oggi è parte di una nuova offensiva lanciata la scorsa settimana dall’esercito in Sinai, scattata dopo che oltre 70 ufficiali di polizia e soldati sono stati uccisi dai militanti. Nel peggiore episodio, avvenuto il 19 agosto, uomini armati hanno trascinato delle reclute della polizia dai bus, hanno ordinato loro di sdraiarsi a terra e ne hanno uccise 25. A partire dal 7 settembre, in tre giorni di offensiva, un totale di 29 militanti sono stati uccisi. I funzionari dell’esercito non hanno per ora fornito un bilancio dell’attacco lanciato oggi.

Ieri sera in una nota pubblicata su un sito internet islamico, il gruppo Jund al-Islam ha spiegato che gli attacchi di mercoledì sono stati condotti in rappresaglia contro “le milizie dei traditori di el-Sissi nell’esercito egiziano” che stanno lanciando una “guerra diretta contro l’Islam”. Il riferimento è al ministro della Difesa e capo dell’esercito, il generale Abdel-Fatah el-Sissi. La nota appare identica quella pubblicata in precedenza da un’altra formazione con base in Sinai, Ansar Jerusalem, che ha rivendicato la responsabilità per il tentato omicidio del ministro dell’Interno Mohammed Ibrahim. Nell’attacco, condotto nel cuore del Cairo, una persona è morta e oltre 20 sono rimaste ferite. Il ministro ne è uscito illeso.

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