New York (New York, Usa), 13 ott. (LaPresse/AP) – La storia di Baby Hope, la bambina ritrovata senza vita nel 1991 in una borsa frigo a Manhattan, potrebbe finalmente veder scritta la parola fine. Ieri sera, dopo anni di indagini e una soffiata che ha portato a ricostruire la parte più importante della misteriosa storia, è stato infatti annunciato l’arresto di un uomo, che avvrebbe abusato sessualmente della piccola e poi l’avrebbe uccisa soffocandola. Si tratta di Conrado Juarez, 52 anni, cugino della vittima. La svolta ha permesso finalmente anche di dare un’identità a quella creatura che per 22 anni è stata protagonista di uno dei cold case più seguiti degli Stati Uniti: si chiamava Anjelica Castillo e al momento della morte aveva appena quattro anni.

IL RITROVAMENTO NEL 1991. Tutto ebbe inizio il 23 luglio 1991, quando il suo corpo, malnutrito, venne ritrovato in un frigo portatile a Manhattan, nei pressi della Henry Hudson Parkway. Senza un’identità né indizi sulla sua provenienza, la bambina venne ribattezzata ‘Baby Hope’. Il caso toccò molto l’opinione pubblica e, due anni dopo il ritrovamento, centinaia di persone presero parte al funerale della piccola, vestita in abito bianco e sepolta in una piccola bara bianca. Sulla lapide vennero incise le parole ‘Perché noi ci teniamo’. Sulla tomba siedono due angioletti. Il suo corpo è stato riesumato nel 2007 per effettuare test del Dna e poi nuovamente nel 2011. Ma senza ottenere risultati positivi.

LE NUOVE INDAGINI. A luglio i detective hanno tentato di riportare alla luce la vicenda, a 22 anni esatti dal ritrovamento. Hanno battuto nuovamente il quartiere dove la bambina era stata trovata, hanno appeso volantini e hanno fatto circolare disegni di ‘Baby Hope’ e una fotografia della borsa frigo in cui venne ritrovata, offrendo una ricompensa da 12mila dollari a chi avesse dato informazioni che avrebbero potuto portare a un arresto. La svolta è arrivata all’inizio della settimana, quando la polizia ha annunciato di aver aperto una nuova pista, dopo che una soffiata e un test del Dna hanno permesso alle autorità di individuare la famiglia della bambina. L’assistente procuratore distrettuale Melissa Mourges, capo dell’unità sui cold case e procuratore del caso nel 1991, ha riferito al giudice che Juarez è già stato accusato formalmente di omicidio. Secondo i detective avrebbe ammesso di aver sessualmente abusato della bambina prima di soffocarla. Mourges ha inoltre spiegato che Juarez chiese l’aiuto di sua sorella, la quale lo aiutò a liberarsi del corpo. I due erano cugini del padre della vittima, aggiunge invece il commissario di polizia Raymond Kelly.

LA SOFFIATA ALLA POLIZIA. A riaprire il caso è stato in particolare un informatore che ha portato a una ragazza, la quale ha riferito ai detective di pensare che sua sorella di Anjelica fosse stata uccisa tanti anni fa. La polizia ha comparato il Dna della vittima a quello della madre delle due. La donna, che non è stata identificata, non aveva la custodia della bambina, la quale viveva con i parenti paterni, tra cui Balvina Juarez-Ramirez. Quest’ultima è la sorella dell’uomo arrestato ieri. La polizia ha atteso il sospetto venerdì fuori da un ristorante di Manhattan dove lavora come lavapiatti. E, secondo quanto spiegano i detective, l’uomo ha detto loro di aver notato Anjelica durante una visita nell’appartamento di famiglia e di averla uccisa. “Quando l’ha vista immobile, ha chiamato sua sorella da un’altra stanza”, spiega il commissario di polizia Kelly. A quel punto la donna ha preso la borsa frigo che conteneva ancora lattine di Coca-Cola. I due hanno preso un taxi dai Queens a Manhattan dove hanno poi lasciato il contenitore.

LA FIDUCIA DEI DETECTIVE. I genitori della piccola non hanno mai denunciato la sua scomparsa, anche se hanno avuto contatti con il sospetto. La polizia non ha voluto rivelare se l’uomo era stato coinvolto in precedenza in altri episodi di violenza sessuale. Kelly ha definito il lavoro un esempio eccezionale di indagine e si è detto orgoglioso dei suoi agenti. L’ex detective Jerry Giorgio, che seguì il caso del 1991 fino alla pensione, si è sempre detto fiducioso che la vicenda sarebbe stata prima o poi risolta. Così come l’assistente capo Joseph Reznick, secondo cui ‘Baby Hope’ era “il nome più appropriato da dare a questa bambina”, nella speranza che un giorno la sua tragica storia avesse un epilogo.

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