Tokyo (Giappone), 21 gen. (LaPresse/AP) – I pescatori giapponesi impegnati nella caccia al delfino a Taiji hanno finito di uccidere i delfini che avevano intrappolato nelle loro reti. Lo fa sapere l’organizzazione per la protezione dei mari Sea Shepherd, più nota per le sue campagne contro la caccia alle balene condotta dal Giappone. Questa volta, il gruppo ha denunciato con video diffusi online la barbarie commessa nei confronti di 40 delfini vicino al villaggio giapponese di Taiji. Sul totale di 250 imprigionati nelle reti, i pescatori hanno anche selezionato 52 esemplari da vendere vivi ad acquari o altri clienti, fra cui un raro cucciolo albino e la madre. Quelli non catturati o uccisi sono stati liberati, tranne uno che è morto intrappolato tra le reti. Il video diffuso ieri (http://apne.ws/1hIC1xm) da Sea Shepherd mostra decine di pescatori che dalle imbarcazioni sorvegliano gli animali, dopo averli confinati in una baia. Si vedono dei sub trattenere gli animali scelti per essere venduti vivi, poi guidarli verso alcune reti. Gli altri 40 nel frattempo venivano uccisi.
Sebbene altri gruppi di delfini siano stati massacrati durante la caccia iniziata a settembre, Sea Shepherd denuncia che quello del filmato è il numero più alto alla cui mattanza abbia mai assistito da quando monitora le attività dei pescatori. La caccia annuale a Taiji ha ricevuto una delle condanne più note da parte dell’ambasciatrice Usa in Giappone, Caroline Kennedy, che lo scorso fine settimana ha twittato dicendosi gravemente preoccupata. I pescatori sostengono che la pesca sia un’attività tradizionale e chiedono agli stranieri che mangiano altri tipi di carne di essere meno ipocriti. Un portavoce del governo giapponese ha difeso la pratica, dicendo che è attuata secondo la legge.
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