Mopko (Corea del Sud), 19 apr. (LaPresse/AP) – Trentasei corpi recuperati, almeno 265 i dispersi e il capitano Lee Joon-seok, 68 anni, finito in carcere con l’accusa di negligenza e violazione del diritto marittimo. La strage del traghetto Sewol, affondato mercoledì a largo della costa sudoccidentale della Corea del Sud, è fatta di numeri, di nomi, di famiglie distrutte e di domande che al momento non hanno ancora una risposta. I sommozzatori hanno lavorato senza sosta per cercare di estrarre dall’interno della nave i corpi delle vittime, rimaste intrappolate mentre il traghetto affondava. Quasi tutti studenti in gita scolastica.
ARRESTATO IL CAPITANO. E oggi il capitano Lee Joon-seok si difende dalle accuse e tenta di fornire la sua versione dei fatti. L’ordine di abbandonare la nave – come è emerso dai dialoghi tra la cabina di comando e il Centro del traffico marittimo – è partito con 30 minuti di ritardo, quando il traghetto si stava già inclinando su un fianco. La nave avrebbe iniziato a piegarsi dopo una virata e ora gli investigatori stanno cercando di capire se la manovra sia stata troppo repentina e se a compierla sia stata il terzo ufficiale, una donna di 26 anni, in servizio da appena sei mesi, anche lei finita in manette insieme al timoniere, un uomo di 55 anni. Lee Joon-seok ha spiegato alle autorità di aver deciso di attendere 30 minuti prima di dare l’ordine perché “la corrente era molto forte, la temperatura dell’acqua dell’oceano era fredda” e i passeggeri “avrebbero dovuto affrontare molte altre difficoltà”. Il comandante del traghetto, secondo alcuni video diffusi dalle agenzie locali, sarebbe stato tra i primi ad abbandonare la nave, lasciando in cabina i due sottoufficiali e centinaia di persone in difficoltà.
LA PREGHIERA DEL PAPA. Papa Francesco ha voluto esprimere la sua vicinanza ai familiari delle vittime. “Vi invito – ha scritto su Twitter rivolgendosi ai fedeli – a unirvi alla mia preghiera per le vittime del tragico naufragio in Corea e per i loro familiari”.
VICEPRESIDE SOPRAVVISSUTO SI SUICIDA. Tra i sopravvissuti all’incidente c’era anche Kang Min-kyu, l’accompagnatore responsabile della gita scolastica. Troppo grande il dolore di aver perso oltre 200 studenti, enorme il senso di colpa: l’uomo si è suicidato, impiccandosi, a Jindo, un’isola vicino alla nave affondata dove sono stati accolti i sopravvissuti. Il vicepreside ha lasciato una lettera, nella quale ha spiegato i motivi del suo gesto. Ha chiesto che le sue ceneri vengano sparse sul luogo del disastro.
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