Tunisi (Tunisia), 28 ott. (LaPresse/AP) – Si hanno notizie solo dei conteggi relativi a 10 distretti in Tunisia, dove domenica si è votato per le elezioni legislative. Tuttavia sia i dati degli exit poll, sia i risultati parziali disponibili, sia quanto è emerso dagli osservatori presenti nei seggi forniscono un quadro uniforme dell’esito: il partito laico Nidaa Tounes (cioè ‘La chiamata della Tunisia’) ha ottenuto circa il 35% dei voti, mente gli islamisti di Ennahda (cioè ‘La rinascita) hanno ottenuto circa il 25%, registrando un crollo dei consensi rispetto al 42% del 2011.

Il sorpasso di Nidaa Tounes è consistente, ma per andare al governo sarà necessaria una coalizione. E sulle possibili alleanze c’è ancora incertezza. Nidaa Tounes ha impostato la campagna elettorale presentandosi come alternativa a Ennahda e ha sempre escluso l’ipotesi di un’alleanza con gli islamisti. Dall’altra parte, però, è anche vero che alla fine nel Parlamento, composto da 217 seggi, tra Ennahda e Nidaa Tounes potrebbe esserci uno scarto di soli 10 o 15 deputati, rendendo difficile ignorare gli islamisti. Tanto più che Ennahda ha deciso di non presentare un suo candidato alle presidenziali e il leader di Nidaa, l’87enne Beji Caid Essebsi, potrebbe cercare sostegno visto che – lui sì – corre per la presidenza in vista delle elezioni del 23 novembre. E resta ancora un’incognita il nome del nuovo premier, visto appunto che Essebsi è già candidato alle presidenziali.

“Ho promesso solo una cosa ed era di ristabilire lo Stato” perché “tutti i nostri problemi sono derivati dalla mancanza di uno Stato”, ha detto ieri sera Beji Caid Essebsi intervistato dalla tv nazionale, promettendo che Nidaa Tounes non governerà da solo. Dall’altra parte il fondatore di Ennahda, Rashed Ghannouchi, ieri ha festeggiato comunque insieme a diversi sostenitori davanti al quartier generale del partito, spiegando che si tratta in ogni caso di una “vittoria per tutti i tunisini”. “L’intero mondo arabo spererebbe di essere la Tunisia, quindi godetevi questa libertà”, ha detto Ghannouchi. E un altro leader di Ennahda, Amer Laarayedh, ha evidenziato che la sconfitta è solo frutto del fatto che il partito si è assunto la reponsabilità di guidare il Paese subito dopo la rivoluzione. Il primo partito che prende il potere dopo ogni rivoluzione deve “pagarne il prezzo” e Ennahda ha dovuto fare i conti con aspettative molto alte e il subbuglio post rivolta, sostiene. “Se non ci fossimo assunti questa responsabilità non ci sarebbero stati una Costituzione, un Parlamento e neanche queste elezioni”, ha affermato Laarayedh.

Ennahda, uscito vincente dalle elezioni di ottobre 2011, dopo quel voto ha guidato la Tunisia in coalizione insieme a Ettakatol e al partito Congresso per la repubblica (Cpr). Questa coalizione di governo è stata soprannominata ‘Troika’ ed è rimasta al potere fino all’inizio del 2014, quando Ennahda si è fatto da parte a seguito del terremoto politico provocato dalle proteste seguite agli omicidi dei leader di opposizione Chokri Belaid e Mohammed Brahmi. Da gennaio 2014 poi il Paese è stato guidato da un governo tecnico, presieduto dal premier Mehdi Jomaa.

Nidaa Tounes, adesso ben posizionato per le presidenziali del 23 novembre in cui è candidato il suo fondatore Essebsi, è nato nel 2012 presentandosi come alternativa necessaria agli islamisti, che accusa di essere stati troppo soft con i terroristi e dei manager incompetenti. È un partito molto eterogeneo, composto da uomini d’affari, sindacalisti e anche molti politici vicini all’ex regime di Zine El Abidine Ben Ali, ragion per cui si è attirato molte critiche. Un fronte secondo alcuni troppo ampio per rimanere coeso una volta al potere.

In campagna elettorale Nidaa Tounes ha evidenziato i timori di instabilità che circondano la Tunisia negli ultimi tempi. E a ricordare agli elettori i tumulti degli ultimi tre anni appena prima del voto ci ha pensato l’operazione antiterrorismo di venerdì alle porte di Tunisi, nel sobborgo di Oued Ellil, in cui sono state uccise sei persone (tra cui cinque donne). Beji Caid Essebsi è stato ministro degli Esteri negli ani ’80 sotto la presidenza di Habib Bourguiba e poi ministro ad interim nel 2011 subito dopo la cacciata di Ben Ali, prima delle elezioni di ottobre.

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