Istanbul (Turchia), 6 mar. (LaPresse) – Umarali Kuvvatov, 47 anni, ucciso a colpi d’arma da fuoco a Istanbul mentre si trovava in esilio in Turchia, era un noto leader dell’opposizione del Tagikistan. Era il leader del Gruppo dei 24, critico nei confronti della presidenza di Emomali Rahmon. In passato ne ha pubblicamente chiesto le dimissioni, mettendo in dubbio il carattere democratico e giusto delle elezioni. Amnesty International rese il caso di Kuvvatov noto quanto l’imprenditore fu arrestato a fine dicembre 2012 a Dubai, mentre era in transito da Mosca a Bruxelles. Il fermo seguiva una richiesta di estradizione del Tagikistan, per presunte attività commerciali fraudolente. Il politico ha sempre sostenuto che le accuse fossero politicamente motivate. Secondo l’organizzazione Freedom House, fu poi rilasciato nel settembre 2013, dopo essere stato graziato dagli Emirati Arabi.

Nell’ottobre 2014 la Corte suprema del Tagikistan ha stabilito che il Gruppo dei 24 fosse un movimento estremista e ne ha vietato attività politiche e le pubblicazioni. Nel dicembre 2014, le autorità turche hanno arrestato Kuvvatov per presunta violazione dei visti e il Tagikistan ha richiesto l’estradizione dalla Turchia. “Siamo seriamente preoccupati per la sicurezza di Umarali Kuvvatov, se sarà mandato in Tagikistan o in un altro Paese dove potrà essere sottoposto a tortura. Negli anni recenti, molti membri dell’opposizione politica tagica sono stati attaccati fisicamente, perseguiti e incarcerati”, scriveva il 21 gennaio in una lettera aperta Freedom House. Nella classifica che l’organizzazione stila dei Paesi del mondo, il Tagikistan è classificato come ‘Non libero’.

Rahmon è stato rieletto alla presidenza nel novembre 2013 con l’83,6% dei voti, contro candidati che includevano i suoi sostenitori. L’Osce ha stabilito che nel voto non sia stata consentita una vera scelta, perché l’opposizione non ha avuto spazio. I partiti di opposizione si erano uniti a sostegno di Oinihol Bobonazaroa, avvocata per i diritti umani. La sua candidatura, però, fu bocciata dalla commissione elettorale. Le organizzazioni per i diritti umani considerano il Tagikistan come un Paese in cui la libertà di espressione è limitata, così come l’accesso all’informazione, e in cui i tentativi di schierarsi all’opposizione sono duramente repressi.

Attivisti e politici sono perseguitati e minacciati dalla polizia, mentre molti esponenti dell’opposizione vengono incarcerati. Tra loro l’imprenditore Zayd Saidov fu arrestato per stupro, poligamia, estorsione e altre accuse, secondo Freedom House, mentre suoi familiari sono stati arrestati per aver manifestato a suo sostegno. Un altro politico era “caduto” dal terzo piano di un palazzo, mentre era sotto interrogatorio, ed era rimasto gravemente ferito.

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