Gerusalemme, 4 mag. (LaPresse/Xinhua) – L’operazione di guerra lanciata la scorsa estate dall’esercito israeliano sulla Striscia di Gaza ha causato danni senza precedenti alla popolazione e alle infrastrutture palestinesi, con azioni crudeli e a volte immotivate. È quanto sostiene l’organizzazione non governativa Breaking the Silence, che riunisce veterani israeliani. Il gruppo ha intervistato oltre 60 soldati e ufficiali che hanno parlato degli atti fuori legge e contro ogni etica a cui hanno assistito e di cui hanno avuto esperienza durante l’operazione dello scorso anno, ribattezzata Margine di protezione. Secondo il rapporto, ottenuto da Xinhua, l’Idf (l’esercito israeliano) aveva stabilito in quell’occasione di minimizzare i rischi per le forze armate, anche se questo avesse comportato vittime civili. Durante l’operazione oltre duemila civili persero la vita, 18mila case vennero distrutte e 10mila palestinesi sono stati sfollati.

Il rapporto sostiene che l’esercito abbia considerato come se ogni palestinese “trovato in una delle aree dell’Idf, che lo stesso Idf ha occupato, non fosse un civile”. Un soldato ha descritto un episodio in cui due donne vennero uccise da un raid israeliano nel sud della Striscia. “Le abbiamo viste a pochi metri dai soldati, mentre parlavano e camminavano. L’Idf ha detto che erano sospettate di essere coinvolte nei combattimenti. Mi sembrava una cosa senza senso”, ha spiegato il militare alla ong, aggiungendo che le donne, di circa 30 anni, non sono state trovate in possesso di armi. Un altro soldato ha ricordato un incidente nel corso del quale una donna, all’apparenza un po’ eccentrica, è stata colpita a morte anche se non rappresentava alcun rischio per i militari. Il quotidiano Ha’aretz spiega che questo episodio è uno dei 19 casi su cui sta indagando la polizia militare.

Il rapporto sottolinea anche le procedure adottate dai soldati che hanno creato gravi danni alle strutture e alle infrastrutture. Un testimone rcconta che un comandante ordinò alle sue truppe di bombardare le case palestinesi come vendetta per l’uccisione di un membro della sua unità. “Mi sentivo molto male. Abbiamo bombardato delle case, si trattava di una rappresaglia”, ha spiegato il militare. Un altro soldato racconta la sfida tra colleghi per colpire un veicolo in movimento sulle strade della Striscia: “Ho provato a colpire un taxi ma non ci sono riuscito. Quindi c’erano altre due auto, ma non ce l’ho fatta. Il comandante mi disse di smetterla di sprecare i suoi razzi, allora abbiamo iniziato a sparare con una mitragliatrice. Mi sentivo turbato, ma dopo tre settimane a Gaza, quando spari a tutto ciò che si muove e non si muove, ciò che è buono e ciò che è cattivo si mischiano, perdi la tua etica, diventa tutto come un videogioco”.

Il rapporto chiede a Israele di istituire una commissione indipendente per far front a queste accuse e che vada oltre al meccanismo interno dell’Idf che già conduce indagini interne. Inoltre, è già stata creata una commissione indipendente dell’Onu, le cui conclusioni sono attese a giugno. In risposta al rapporto, l’esercito di Tel Aviv si è detto già “impegnato a indagare tutti i reclami”, ma poi punta il dito contro la ong, definendola “politicamente schierata”. “Oggi come in passato – si legge in una nota – all’organizzazione Breaking the Silence è stato chiesto di fornire prove o testimonianze prima della pubblicazione, in modo che possa essere condotta un’indagine corretta. Sfortunatamente, l’ong si è rifiutata di fornire all’Idf ogni prova relativa ai reclami”.

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