Di Chiara Battaglia
Torino, 17 mag. (LaPresse) – Da gatti di strada a gatti che raccontano la rivoluzione nascosti dietro barricate di vasi di fiori. È nato così Willis from Tunis, il fumetto della vignettista tunisina Nadia Khiari. Nei disegni spiccano perlopiù bianco e nero. Sfondo bianco e tratto deciso nero per disegnare il protagonista, il gatto Willis, dal tono pungente e che ne ha per tutti. Talvolta qualche macchia di colore rosso: rosso come la bandiera della Tunisia ma anche rosso come il sangue versato per la rivoluzione che ha portato alla fuga del dittatore Ben Ali nel 2011. Willis è figlio della rivoluzione: nasce su Facebook la notte dell’ultimo discorso di Ben Ali, quello pronunciato il 13 gennaio del 2011 un giorno prima della fuga: “Da quel momento ho fatto un profilo anonimo su Facebook e ho cominciato a caricare ogni giorno delle vignette. La satira era un modo per vincere le mie paure e riderne anche. E adesso continuo con quella spontaneità”, racconta Nadia. In un’intervista rilasciata a LaPresse in occasione del Salone del libro, dove l’artista è venuta per la presentazione del libro del concorso Lingua Madre ‘L’alterità che ci abita’ in cui è pubblicato un suo disegno, Nadia Khiari ripercorre attraverso le vignette i momenti divertenti e tristi della storia della Tunisia vissuti in questi anni. La vignetta preferita? Quella scritta fra le barricate durante la rivoluzione. Le più tristi invece, quelle disegnate dopo gli omicidi politici del 2013, quando a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro furono assassinati i due leader di opposizione Chokri Belaid e Mohammed Brahmi.
QUALI SONO LE SUE VIGNETTE A CUI È PIU’ LEGATA O CHE L’HANNO EMOZIONATA DI PIU’? “I disegni dei primi tre o quattro mesi, li ho conservati tutti. Quando li rivedo penso a quello che ho provato in quel momento, mi fanno ripiombare in ciò che ho vissuto e mi ricordano un periodo della mia vita molto intenso e bello”, racconta Nadia immaginando con lo sguardo i vari Willis di questi anni. “Un esempio di disegno degli inizi a cui sono legata?”, esita pensando. “Ecco: mi ricordo che una sera, la seconda o la terza sera dopo la fuga di Ben Ali, tenevamo le barricate del quartiere. Era la nostra prima barricata. Tutti mettevano barili e grandi oggetti per bloccare le strade e impedire il passaggio dei ministri. Noi non abbiamo trovato niente se non tre grandi vasi per i fiori di un vicino, allora li abbiamo presi e trasportati al centro della strada e ci abbiamo messo una corda. Poi ci siamo fermati a guardare e siamo scoppiati a ridere: ‘Avranno paura i ministri!’, ci siamo detti. Eravamo ridicoli. In più il bello è che al signore a cui appartenevano i vasi avevamo spezzato un ramo della bouganville ed era arrabbiato nero. E noi dicevamo: ‘Ci sono proiettili dappertutto e ci fai una testa così per il ramo della bouganville?’. Davvero, dei momenti comici nella tragedia. E quindi amo molto questa vignetta, mi ricorda il mix fra la tragedia, perché proprio quella sera un giovane è morto davanti a noi, e dall’altra parte il trovarsi a ridere in situazioni surreali. Ho disegnato questa cosa e ancora ora quando la vedo mi viene da ridere”.
IL DISEGNO PIU’ TRISTE INVECE? “Vignette tristi ce ne sono tante. C’è stata tanta occasione di tristezza. Forse le vignette degli assassini politici. Sì quelli sono stati molto duri”, racconta ricordando i disegni fatti rientrando dai funerali di Chokri Belaid e Mohammed Brahmi, i cui omicidi scossero il Paese a soli due anni dalla fuga di Ben Ali portando migliaia di persone in piazza. “Per quello di Belaid ho disegnato un gatto che piangeva e uno degli occhi era fatto con la bandiera tunisina e piangeva rosso, come il sangue. Era un simbolo, non avevamo mai vissuto degli omicidi politici ed era qualcosa di barbaro e difficile”, spiega. “Spesso quando succede qualcosa di brutto non riesco a fare delle vignette umoristiche, faccio semplicemente un disegno di quello che sento, non provo a fare humor a tutti i costi”.
COME HA VISSUTO L’ATTACCO DEL BARDO? “È stato orrendo: sia perché è stato un vero massacro, sia perché le conseguenze sono terribili per centinaia di famiglie in Tunisia che vivono di turismo e investimenti stranieri, e questo rischia di portare gente in disoccupazione e miseria. È un attacco che tocca tutti i tunisini, non solo i turisti stranieri”, dice la vignettista. Nell’attacco armato dello scorso 18 marzo al museo del Bardo a Tunisi morirono 24 persone, perlopiù turisti, e fra loro quattro italiani. In quella occasione Nadia Khiari, per ritrarre il Paese ferito, disegnò il gatto Willis che diceva ‘Io non ho paura’ e due gatti terroristi che rispondevano ‘Noi neppure’. E portò in punta di matita anche la preoccupazione per il turismo, fonte vitale di sostentamento per la Tunisia: sull’onda della campagna con cui semplici cittadini e personalità note, per mostrare solidarietà, hanno pubblicato sui social network la propria foto con i cartelli ‘Verrò in Tunisia quest’estate’, in una vignetta anche il gatto Willis porta il cartello, ma poi scoppia in una risata e dice ‘Pesce d’aprile’.
LEI È NATA SOTTO LA DITTATURA, CHE FUMETTI LEGGEVA? COM’È NATA QUESTA PASSIONE PER LA SATIRA? “Ho avuto sempre una passione per i fumetti. Da bambina mio padre mi aveva regalato il libro di Honoré Daumier, un caricaturista di fine XIX secolo che ha avuto anche problemi con la giustizia. Poi ho scoperto la stampa satirica quando a 18 anni ho avuto la fortuna di partire per fare i miei studi in Francia ed è stata una scoperta magnifica”, dice entusiasta la fumettista. “Una mia amica aveva una libreria e mi passava del materiale. Degli amici scaricavano i fumetti in Francia, li scannerizzavano e me li passavano su una chiavetta usb, come pure i libri vietati. Era tutto un sistema per accedere a queste cose”, spiega. “Il giorno che ho cominciato a potere fare io stessa vignette è stato il sogno della mia vita che si avverava. Ho potuto fare quello che avevo sempre adorato. E poi il sogno da bambina di potere lavorare nel giornale di Siné (vignettista francese ndr.) si è avverato”.
LA RIVOLUZIONE È FINITA? COSA VEDE NEL FUTURO DELLA TUNISIA? Nadia Khiari è convinta: “La rivoluzione continua, continua tutti i giorni. E per fortuna, perché se fosse finita sarebbe triste. Quello che dico sempre io è: ‘La rivoluzione è bella ma è lunga’ “, afferma con un ampio sorriso. È orgogliosa del fatto che la Tunisia dopo la cacciata del dittatore abbia ottenuto grandi cose, come la realizzazione di elezioni democratiche, ma ricorda anche i tanti problemi: “Questa settimana un altro giovane è morto per tortura mentre era in arresto” e ci sono tanti problemi da affrontare prioritariamente, come “la riforma del sistema giudiziario, lo sradicamento dell’enorme problema della corruzione e la riforma del sistema educativo”. “Per questo la rivoluzione continua”, ribadisce, ricordando che la sua forza è l’energia dei giovani. Quanto al futuro della Tunisia Nadia Khiari spera che “la gente resti vigile e sveglia e metta sempre tutto in discussione” e si dice preoccupata per esempio per la legge antiterrorismo al momento in discussione. “È molto pericolosa per le libertà individuali e dei giornalisti: sotto la copertura di protezione e sicurezza potremmo ritrovarci con leggi liberticide che danno più forza allo Stato e alla polizia”, dice. Ma in generale “quello che spero veramente è che ci sia stabilità nella regione, in particolare in Libia e Algeria, perché se noi vogliamo essere stabili non possiamo astrarci da quello che avviene intorno”.
“Malgrado tutti questi ostacoli e difficoltà resta comunque un’esperienza appassionante da vivere ogni giorno, politicamente parlando e umanamente parlando. Anche se è stancante, lo ripeto. Un’emozione intensa. Resto positiva e ottimista, non cedo alla psicosi e mi dico che finché ci sono dei giovani che si muovono, finché ci saranno dei Lina ben Mhenni, degli Azyz Amami, delle persone come Radhia Nasraoui che investono del proprio e si impegnano in una lotta generosa spero che riusciremo. Mi dico: ‘Anche se non sarà per me, sarà per i figli e i nipoti’ “. Dopo le ‘Cronache della rivoluzione’, così si chiama la raccolta di disegni pubblicata in Francia, il gatto Willis non ha smesso di esistere e continua a raccontare la Tunisia giorno dopo giorno.
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