di Ilaria Leccardi
Milano, 20 mag. (LaPresse) – Un edificio sorto a partire da un baobab, che racconta l’anima di un Paese e illumina i volti delle donne. È il padiglione dell’Angola a Expo 2015. Una grande struttura ideata e progettata da un team internazionale di architetti guidato dalla 34enne angolana Paula Nascimento. Una giovane donna dallo sguardo sicuro, ma dai modi timidi, vincitrice dell’arcVision Prize WE-Women for Expo. “A metà 2012 – racconta – abbiamo iniziato a pensare il progetto, realizzato poi dal 2013 al 2015. Il nucleo centrale, l’elemento da cui siamo partiti, è il baobab, come simbolo che incarna l’idea di alimentazione e cultura nel nostro Paese. Quattro pilastri che salgono verso l’alto e che raccontano l’essenza della nostra cultura”. Un albero pensato e realizzato al centro del padiglione, vero cuore pulsante della struttura che ha come filo conduttore il tema ‘Cibo e cultura: educare per innovare’.
Il baobab affonda le radici nel terreno e sale verso l’alto, arricchito dai volti delle donne angolane, più e meno famose, che si raccontano. Dalla donna d’affari Paula Chaves, alla giocatrice di scacchi Valquiria Rocha. E poi le conquiste a livello internazionale in tutti gli ambiti, dalla prima Miss Universo angolana, alla prima squadra di basket femminile a vincere la Coppa d’Africa. La facciata del padiglione riprende i motivi geometrici dei tessuti classici angolani, mentre l’architettura, spiega Nascimento, “riprende lo stile moderno tropicale africano”.
Quattro i piani su cui si sviluppa il percorso, collegati tra loro da una rampa. Al piano terra si parla delle attività su cui si basa l’economia del Paese, dall’agricoltura alla pesca, dall’allevamento all’apicoltura. Salendo si incontrano le ricette tipiche e influenzate dalla cultura internazionale. Quindi si incontra la riproduzione di un mercato con sementi e prodotti finiti, con uno sguardo anche al futuro e l’innovazione dei metodi di stoccaggio e del controllo di qualità. Infine la terrazza, con il ristorante gourmet, la foresta tropicale e gli orti. Al centro di tutto ciò la donna, depositaria della tradizione e figura attiva nella società. In Angola è infatti la donna che si occupa del lavoro nei campi, della produzione e della preparazione degli alimenti. È madre, gestisce la famiglia, educa.
Non sono molti i Paesi africani che a Expo 2015 hanno potuto permettersi un padiglione proprio. La maggior parte sono stati infatti inclusi nei Cluster. Tra chi ha potuto farlo, oltre a Sudan e Marocco, proprio l’Angola che si è presentata per la prima volta a un’Esposizione universale nel 1993 a Daejeon, in Corea del Sud. Come spiega ancora l’architetto Nascimiento, “di edizione in edizione l’investimento del Paese nell’Expo è aumentato”, arrivando ad avere un proprio padiglione indipendente. “Siamo stati i primi – aggiunge Nascimento – ad avere l’ok al progetto. Ora stiamo ancora sistemando alcune rifiniture, ma la struttura è terminata e il pubblico apprezza molto”. Tra i primi padiglioni che si incontrato sul Decumano entrando a Expo, quello dell’Angola ha registrato finora circa seimila presenze al giorno.
Ma l’importanza e il ruolo in Expo 2015 di questo Paese africano, ex colonia portoghese e teatro di una lunga guerra civile, è dettata anche dal ruolo del suo commissario, ancora una volta una donna, Albina Assis Africano, che è anche rappresentante dei commissari generali di questa edizione dell’Esposizione universale. “Siamo un Paese di buon cibo, in crescita, e vogliamo dare un messaggio di centralità della donna nella nostra società”, spiega camminando tra le sale del padiglione e illustrando gli strumenti tradizionali utilizzati per l’agricoltura. “Nel nostro Paese – aggiunge – abbiamo lavorato per garantire un’alimentazione adeguata per tutti. Per ora le nostre produzioni si rivolgono per lo più al mercato interno. Ma stiamo lavorando per le esportazioni, in particolare su alimenti come riso e caffè. Siamo un Paese giovane e in crescita economica, siamo orgogliosi delle nostre radici ma abbiamo uno sguardo verso il futuro”.
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