di Matteo Bosco Bortolaso
Roma, 4 giu. (LaPresse) – Domenica sono in programma le elezioni parlamentari in Turchia. Di seguito alcune informazioni sul sistema elettorale, sulla situazione politica nel Paese e sulla posta in gioco alle consultazioni. Il Parlamento nazionale turco, monocamerale, rinnova i suoi membri con elezioni convocate ogni quattro anni. Il sistema di rappresentazione è proporzionale con liste chiuse: l’elettore può indicare la preferenza per una particolare forza politica, ma l’ordine degli eletti segue la lista indicata dal partito stesso.
Per partecipare alla distribuzione dei 550 seggi del Parlamento di Ankara bisogna superare la soglia del 10% a livello nazionale e, nei distretti dove il voto è più combattuto, anche un’altra percentuale calcolata con una procedura alquanto complessa.
Tre i grandi partiti che si sfidano alle elezioni del prossimo 7 giugno. Favorita la forza politica del presidente Recep Tayyip Erdogan, che domina il Parlamento da diversi anni: alle scorse elezioni il partito per la Giustizia e lo sviluppo (Akp), d’orientamento conservatore e islamico, ha ottenuto 327 seggi.
All’opposizione c’è invece la principale forza politica di centrosinistra, il partito popolare repubblicano (Chp), kemalista e socialdemocratico. Alle scorse elezioni aveva ottenuto 135 seggi, grazie a voti ottenuti nelle grandi città e nelle aree costiere, soprattutto nella classe media, nel pubblico impiego e tra i militari.
All’estrema destra, troviamo il Partito del movimento nazionalista (Mhp), vicino alla formazione neofascista dei Lupi Grigi e forte di 53 parlamentari ottenuti alle elezioni di quattro anni fa.
Il partito di Erdogan punta a ottenere un quarto mandato parlamentare consecutivo, incoronando Ahmet Davutoglu come primo ministro formalmente eletto. Davutoglu ricopre già tale carica per aver sostituito Erdogan nell’agosto 2014, quando quest’ultimo è diventato presidente della Turchia. L’obiettivo è di raggiungere la soglia di 330 seggi per approvare cambiamenti alla Costituzione che devono poi sottoposti a referendum. Ancor meglio sarebbe ottenere 367 seggi: questa quota permette modifiche costituzionali senza referendum.
Il partito d’opposizione Chp, invece, punta a superare il 30% dei voti, avvicinandosi alla possibilità di formare un governo che, molto probabilmente, avrebbe bisogno dell’appoggio di altre forze politiche. Giocherebbero quindi un ruolo molto importante il partito curdo e progressista Hdp, guidato da Selahattin Demartis, e il partito dell’Anatolia, formato nel 2014 da un ex del Chp, Emine Ulker Tarhan.
Da qui al 2019 non sono in programma altre consultazioni in Turchia: solo tra quattro anni verranno convocate nuove elezioni, a livello locale, parlamentare e presidenziale. Questo calendario è dovuto anche a una modifica costituzionale del 2007, che ha ridotto il mandato parlamentare da cinque a quattro anni. Un eventuale quadrienno di potere incontrastato dell’Akp preoccupa le opposizioni, che temono un ulteriore giro di vite contro i media, oltre che un’egemonia di Erdogan in un sistema politico più presidenzialista di quello attuale.