Atene (Grecia), 7 lug. (LaPresse/EFE) – Mentre il premier Alexis Tsipras è a Bruxelles per tentare di riallacciare i negoziati con i creditori internazionali dopo la vittoria del no al referendum di domenica, i greci continuano a essere in difficoltà. Con i controlli sui movimenti dei capitali tuttora in vigore, i privati sono alle prese con i problemi quotidiani, mentre il turismo e il commercio soffrono. La chiusura delle banche continuerà almeno sino a giovedì, dopo che la Banca centrale europea ha tenuto invariata la liquidità di emergenza. La Bce ha scelto infatti di tenere in vita le banche greche, facendo però forte pressione sul governo perché arrivi all’accordo.

Gli istituti di credito sono chiusi ormai da nove giorni e anche oggi si sono viste le lunghe code agli sportelli bancomat, come la scorsa settimana, per prelevare i 60 euro giornalieri consentiti. Le immagini più comuni sono di file composte da cinque e 10 persone, con picchi in alcune ore della giornata. La situazione nei prossimi giorni potrebbe però diventare ancora più difficile, visto che la Bce ha deciso di mantenere stabile il tetto della liquidità di emergenza Ela a 89 miliardi di euro. Con un’aggravante: l’istituto di Francoforte ha anche modificato l’haircut sui titoli utilizzati dalle banche greche come garanzie per chiedere la liquidità di emergenza.

“C’è un calo nelle prenotazioni turistiche tra il 30% e il 35%”, ma “per il momento non ci sono cancellazioni e il controllo dei capitali non ha influito negativamente sull’idea che i turisti hanno della Grecia”, dice Xenofon Petropulos, dell’Associazione imprese turistiche greche (Sete). “Per ora, le strutture non hanno problemi di approvvigionamento e continueranno a lavorare anche se le banche resteranno chiuse per altri 10-15 giorni”, ha proseguito. Ha ammesso, tuttavia, che se il tetto sui prelevamenti continuerà “ci sarà carenza di liquidità nel mercato” e questo colpirà i pagamenti dei fornitori.

Secondo Nikos Yeorgokostas, della Confederazione nazionale di commercio e imprese (Esee), “il mercato affronta difficoltà enormi“. Nei primi giorni dei controlli sui capitali, “il commercio al dettaglio, con eccezione di cibo e carburante, è affondato del 70%, mentre “il fatturato di negozi alimentari e distributori di benzina è salito del 20%”. “Il controllo dei capitali ha colpito tutti, i dipendenti da pagare, la produzione e la distribuzione dei prodotti”, ha aggiunto Nikos Arjondis, direttore della Associazione panellenica degli esportatori (Pse).

Kostas Vardakis, proprietario di un supermercato sulla costa, spiega che ci sono problemi sia con i fornitori nazionali, sia con quelli esteri. E’ in vigore infatti anche il divieto di qualsiasi transazione all’estero, fatta eccezione per i pagamenti legati a importazione di beni di prima necessità. La Banca nazionale ha creato una commissione speciale apposita, per analizzare le richieste. Secondo Arjondis, alla luce dell’esperienza a Cipro nel 2013, “ci si può aspettare una riduzione sino al 7% delle esportazioni e fino al 28% delle importazioni”. Il che equivale a perdite settimanali di 80 milioni di euro per le esportazioni e 600 milioni di euro per le importazioni.

Intanto, per i cittadini resta difficile fare la spesa e compiere le semplici operazioni economiche quotidiane, a causa dei limiti imposti ai bancomat e della carenza di banconote e monete. E non tutti sono ottimisti sull’esito dei colloqui tra Atene e i creditori. “Ci sarà un accordo, ma non migliorerà la situazione della gente. Con la dracma o con l’euro, il problema è il sistema, che rende più ricchi i ricchi e più poveri i poveri”, dice Kuluris, commerciante di 60 anni. Anche Maria, lavoratrice del settore privato e madre di una bimba di 8 anni, pensa che la Grecia possa solo ottenere “un accordo che castighi ancora di più” i cittadini.

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