Roma, 18 lug. (LaPresse) – I nuovi orientamenti dell’Unione europea sulla Politica di vicinato (Pev) sono stati discussi a Roma in un convegno organizzato dall’Istituto Affari Internazionali (IAI) e presieduto dal vice-direttore dell’Istituto Nathalie Tocci.
La Politica di vicinato fu inizialmente progettata nell’ottica d’allargamento dell’Ue, tra il 2003 e il 2004, ma poiché il contesto è ‘drammaticamente cambiato’, c’è bisogno di un rinnovo della strategia.
Simon Mordue, direttore per la politica e la strategia di allargamento della Commissione europea, ha affermato che le riflessioni emerse dalla consultazione saranno presentate il prossimo novembre. La novità maggiore della nuova strategia è la ‘differenziazione’, cioè una distinzione non solo tra le aree est e sud del vicinato europeo, ma anche una diversificazione degli approcci all’interno di tali aree.
Inoltre, la nuova Politica di vicinato dovrebbe focalizzarsi sulla sicurezza, su un maggiore coinvolgimento degli Stati membri e degli Stati partner, sulla flessibilità del sistema finanziario e sull’attenzione a un più ampio contesto geografico.
La deputata Pd Lia Quartapelle ha evidenziato i limiti maggiori della vecchia strategia. Innanzitutto, nel 2003, dominava la convinzione che il libero mercato e la democrazia fossero punti di arrivo inevitabili per ogni transizione, mentre ora bisogna riconoscere altri possibili scenari e bisogna presentare in modo più modesto il modello europeo.
In secondo luogo, valutando realisticamente la Politica di vicinato, emerge che soprattutto nell’area del Mediterraneo la strategia non è stata in grado di fare fronte ai cambiamenti che si stavano verificando nella regione.
Infine, se si considerano gli strumenti della Pev, c’è stata una carenza nella differenziazione, visto che l’ordine globale deve fronteggiare cambiamenti diversi in ogni area (come ad esempio la questione delle migrazioni o la presenza di attori non statali) e nella flessibilità dei tempi di attuazione.
Marta Dassù, direttore di Aspenia, ex vice-ministro degli Esteri, ha invece fatto un’analisi diversa: pur riconoscendo nella differenziazione il problema maggiore della Pev, che ha applicato gli stessi concetti e strumenti burocratici ad est e a sud, la Dassù pensa che ciò di cui l’Unione ha bisogno non è una nuova strategia, ma una politica estera credibile rispetto ai Paesi del vicinato. E, riferendosi alla differenziazione, solleva la necessità di una divisione dei compiti all’interno dell?Unione.
Infine, il direttore centrale per l’integrazione europea del ministero degli Esteri, Alberto Cutillo, ha cercato di rispondere alle domande più ricorrenti sulla Pev, che resta rilevante, vista la particolare relazione che lega l’Unione ai Paesi confinanti, Nel valutare i risultati della Politica di vicinato, il diplomatico ha riconosciuto la mancanza di grandi impatti positivi, il che è però proprio alla politica estera dell’Ue e non solo alla Pev. Inoltre, Cutillo ha rilevato che i partner percepiscono la strategia come uno strumento dell’Ue e non come una partenariato. Infine, Cutillo ritiene che bisogna rafforzare il legame tra la Pev e la Pesc, e tra la Pev e la politica di migrazione, e che c’è pure l’esigenza di un approccio alla comunicazione positivo.
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