di Stefano Rizzuti

Roma, 21 lug. (LaPresse) – La cautela, quando si parla dei quattro italiani rapiti domenica sera in Libia, è d’obbligo. E le dichiarazioni del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e dell’inviato speciale delle Nazioni Unite Bernardino Leon, incontratisi oggi alla Farnesina, ne sono la conferma. Cautela evidente nelle parole di Gentiloni che definisce “prematuro e imprudente dare interpretazioni politiche sui moventi del rapimento”. Non ci sono ulteriori informazioni anche da parte Onu: Leon condanna “fortemente” il sequestro dei quattro tecnici italiani e chiede, a nome della comunità internazionale, il loro “rilascio senza condizioni”.

Sia Gentiloni sia Leon hanno voluto sottolineare che per evitare altri casi del genere l’unica via percorribile è quella dell’accordo fra le fazioni in lotta in Libia. Una prima intesa è stata siglata il 12 luglio, ma è parziale e non è sufficiente. Tutte le parti in causa devono essere coinvolte e Leon sa bene che uno dei punti critici riguarda i rapporti con il il Congresso nazionale generale (Cng) libico, cioè il Parlamento di Tripoli non riconosciuto dalla comunità internazionale e che non ha firmato l’accordo. L’inviato speciale dell’Onu, comunque, è ottimista: “Il Cng non è un blocco monolitico contrario all’intesa. Ci sono questioni che vanno chiarite, ma non sono contrari all’accordo, anche se vogliono avere delle rassicurazioni”. Anche il titolare della Farnesina ribadisce l’importanza di allargare l’intesa ad altri interlocutori come il Cng, minacciando chi non sottoscriverà l’accordo di correre il rischio di “venire isolato dalla comunità internazionale”.

L’accordo, comunque, è già stato siglato, anche se da una sola parte (il governo di Tobruk, riconosciuto dai partner internazionali) e lo stesso Leon lo definisce “un passo importante che per la prima volta fa intravedere la luce in fondo al tunnel”. Certo, le cose da fare “sono ancora molte”, ma i tre punti chiave sono già stati individuati: un impegno per formare un governo di unità, un maggior interesse per la sicurezza nel Paese e l’importanza di finalizzare gli accordi. Tre punti che si dovranno mettere presto in pratica, ha aggiunto Gentiloni, che rivolgendosi al popolo libico ha chiesto di “riconoscere l’intesa per la fine delle ostilità nel Paese, per frenare il terrorismo e per riprendere il cammino della ricostruzione”.

E una volta raggiunti questi tre punti? L’inviato speciale delle Nazioni Unite chiarisce che solo in quel momento “inizierà il duro lavoro per stabilizzare la Libia” e per sconfiggere il terrorismo e il traffico dei migranti. Tra le ipotesi finora fatte per fermare il caos in Libia c’è anche quella di una soluzione militare. Opzione esclusa sia da Gentiloni, che non vuole “immaginare una spedizione di migliaia di uomini? nel Paese, sia da Leon, che rassicura: “Non stiamo pensando a una forte missione militare ma a una che potrà stabilizzare e coordinare” lo stesso Paese.

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