Lussemburgo , 2 set. (LaPresse) – Il ricorso contro la legge nazionale del 2011 sul ‘contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno‘ era stato presentato da Cgil e Inca, istituto nazionale confederale assistenza al Tar del Lazio, contro la presidenza del consiglio dei ministri, il ministero dell’Interno e al ministero dell’Economia e delle Finanze, firmatari del provvedimento. Il sindacato e il patronato denunciavano la sproporzione del contributo richiesto per il rilascio del permesso di soggiorno in Italia: se per una carta di identità l’importo richiesto è di 10 euro, si balza agli ottanta minimi richiesti per uno straniero. Il Tar del Lazio aveva valutato la necessità di esaminare la compatibilità della norma in questione con quelle europee.

La corte di giustizia europea ha considerato che secondo il diritto dell’Unione “le considerazioni economiche non dovrebbero essere un motivo per negare lo status di soggiornante di lungo periodo e non sono considerate come un’interferenza con i pertinenti requisiti” , “occorre stabilire un sistema di regole procedurali per l’esame della domanda” che “dovrebbero essere efficaci e gestibili in base al normale carico di lavoro delle amministrazioni degli Stati membri nonché trasparenti ed eque in modo da garantire agli interessati un livello adeguato di certezza del diritto” e “non dovrebbero costituire un mezzo per ostacolare l’esercizio del diritto di soggiorno”. Inoltre, “gli Stati membri rilasciano al soggiornante di lungo periodo un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo. Questo è valido per almeno cinque anni e, previa domanda, ove richiesta, automaticamente rinnovabile alla scadenza” con “durata identica”.

Nel diritto italiano, invece, “la richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposta al versamento di un contributo, il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro”, a seconda che si tratti di un permesso fino a un anno, fino a due o di lungo periodo, somme cui si aggiungono bolli e contributi per il rilascio o il rinnovo del documento elettronico. “Pur se gli Stati membri sono legittimati a subordinare il rilascio dei permessi di soggiorno alla riscossione di contributi” si legge nella sentenza, “resta il fatto che, in osservanza del principio di proporzionalità, il livello cui sono fissati detti contributi non deve avere né per scopo né per effetto di creare un ostacolo al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo conferito da tale direttiva nonché degli altri diritti che derivano dalla concessione di tale status”.

I giudici osservano che non solo l’incidenza del contributo italiano “può essere considerevole per taluni cittadini di paesi terzi”, e ciò a maggior ragione “per il fatto che, in considerazione della durata di tali permessi, tali cittadini sono costretti a richiedere il rinnovo dei loro titoli assai di frequente e che all’importo di detto contributo può aggiungersi quello di altri tributi previsti dalla preesistente normativa nazionale”. Ai sensi della normativa italiana, fa notare la corte, tanto per il rilascio quanto per il rinnovo dei titoli di soggiorno, indipendentemente dalla durata del permesso in questione, deve essere versato un ulteriore importo, che ammonta a 73,5 euro.

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