di Giampiero Gramaglia
Roma, 12 ott. (LaPresse) – Con i repubblicani, c’era il problema che i candidati alla nomination non stavano tutti insieme sul palco dei dibattiti televisivi, tanto erano numerosi. Con i democratici, c’è il problema opposto: il palco rischia d’apparire vuoto, con quei cinque candidati che in realtà sono due. E, infatti, la Cnn ha cercato d’aggiungere un posto in scena, offrendo al vice-presidente Joe Biden una sorta di ‘ingresso libero’, anche se lui non ha ancora deciso se scendere in lizza. Ed è proprio il ‘convitato di pietra’ Biden il vero avversario di Hillary Rodham Clinton.
Il confronto di domani sera a Las Vegas andrà in onda in prima serata sui teleschermi statunitensi quando in Italia saranno le 02.30 del mattino di mercoledì. Con l’ex first lady, ex senatore dello Stato di New York ed ex segretario di Stato, a rispondere alle domande di Anderson Cooper ci saranno il senatore del Vermont Bernie Sanders, un indipendente ‘socialista’ – così si definisce lui -, la vera sorpresa di questa fase della campagna presidenziale, oltre a tre poco più che figuranti: gli ex governatori Lincoln Chafee e Martin O’Malley e l’ex senatore Jim Webb, nessuno dei quali nei sondaggi della vigilia supera il 3% dei consensi fra gli elettori democratici.
Un rilevamento Cbs dà Hillary sempre in testa, ma Sanders in avvicinamento -sia pure ancora lontano, a livello nazionale- e Biden già ben posizionato, pur non essendo -ancora?- candidato.
La Clinton raccoglie, per questo sondaggio, il 46% delle preferenze, Sanders il 19%, Biden il 16%. Altri rilevamenti fatti nei giorni scorsi erano meno positivi per Hillary. Sanders, è forte soprattutto tra gli ‘under 50’ e, secondo varie fonti, sarebbe davanti a Hillary nello Iowa e nel New Hampshire, gli Stati che per primi, a febbraio 2016, sceglieranno i delegati alla convention.
Biden avrebbe tempo fino a mercoledì per presentare la propria candidatura alla Commissione elettorale federale, anche se in realtà non si tratta di un limite invalicabile. Nel fine settimana, secondo media statunitensi, il vice di Obama avrebbe avuto un “dibattito in famiglia” per decidere che cosa fare.
Quello di Las Vegas è il primo dei sei dibattiti organizzati dal Comitato nazionale democratico: Sanders, O’Malley e gli altri due ne chiedono di più, per avere più opportunità di farsi conoscere dal grande pubblico. La Clinton, invece, gode d’una riconoscibilità altissima nell’Unione.
Tutti gli ultimi rilevamenti confermano un’erosione dei consensi per Hillary. Ma se Biden alla fine non scendesse in campo, l’ex first lady vedrebbe il suo sostegno salire al 56% con Sanders al 32%. E la maggioranza dell’elettorato democratico continua a ritenere che la Clinton sia il candidato con le maggiori chance di vincere le elezioni presidenziali: quasi sei su 10 dei votanti alle primarie la considera la più eleggibile, mentre Sanders, troppo a sinistra, rischierebbe di condurre il partito a una sconfitta.
E, infatti, la posizione della Clinton appare quasi blindata nelle cosiddette “primarie invisibili”, quelle che coinvolgono l’élite del partito: deputati, senatori e governatori. Finora, Hillary ha ottenuto ‘l’endorsement’ di 114 deputati, 30 senatori e nove governatori, secondo i dati raccolti dal sito FiveThirtyEight, che tiene i conti della campagna.
Ma la discesa in campo del vice-presidente comprometterebbe la presa della Clinton sull’establishment del partito, che avrebbe un’alternativa su cui puntare. Per questo, secondo quanto riferiscono media americani, il suo staff starebbe producendo il massimo sforzo per dissuadere Biden, sottraendogli potenziali donatori e muovendosi per conquistare il sostegno dei super-delegati che rappresentano quasi il 20% del totale (gli altri sono eletti con le primarie).
Hillary conserva inoltre una certa presa sull’elettorato femminile (51%) e su quello più maturo (48%), mentre si indebolisce sul consenso maschile (39%). L’ex segretario di Stato ha appena ricevuto un ‘aiutino’ dal presidente Obama, che in un’intervista ha alleggerito la sua posizione nell’ ‘emailgate’, lo scandalo dell’uso della mail personale quand’era al Dipartimento di Stato: un errore, per il presidente, che non ha però compromesso la sicurezza nazionale.
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