Dall’inviato Fabio De Ponte

Bruxelles (Belgio), 29 nov. (LaPresse) – Bloccare i rifugiati in una stretta fascia di terra occupata militarmente al confine siriano e impedire loro la marcia verso l’Europa. Il tutto in cambio di tre miliardi di euro, la liberalizzazione dei visti di ingresso per i turchi e una accelerazione dei negoziati del processo di adesione di Ankara all’Ue. E’ questa l’intesa che l’Ue metterà sul tavolo oggi a Bruxelles nel vertice con la Turchia. L’accordo è praticamente già pronto – se ne parla da almeno due mesi – ma il summit inizia in salita: alla vigilia è stato ucciso Tahir Elci, presidente dell’associazione degli avvocati di Diyarbakir, cittadina turca a maggioranza curda, in un agguato in cui hanno perso la vita anche due poliziotti. L’omidicio ha provocato scontri tra manifestanti e polizia anche a Istanbul ed espone l’Europa a critiche più accese sull’accordo che si accinge a chiudere con la Turchia.

L’OMICIDIO DELL’AVVOCATO DEI DIRITTI UMANI. Elci era sotto processo per propaganda terroristica, dopo aver rilasciato a ottobre una intervista a Cnn Turk, nella quale, pur prendendo le distanze dalle violenze del Pkk, sosteneva che non si tratta di una organizzazione terroristica. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan accusa dell’omicidio lo stesso Pkk, sostenenendo che l’episodio non può che accrescere nel governo la “determinazione a combattere il terrorismo”.

L’ARRESTO DEL DIRETTORE DEL GIORNALE DI OPPOSIZIONE. Intanto giovedì Can Dundar, direttore del quotidiano turco Cumhuriyet, è stato arrestato insieme al responsabile della redazione di Ankara Erdem Gul con l’accusa di spionaggio e divulgazione di segreti di Stato. A maggio denunciarono un passaggio di camion carichi di armi sul confine siriano che sarebbe stato organizzato dall’intelligence turca per l’Isis, pubblicando anche un video che lo proverebbe. Un arresto prevedibile. “Il direttore di quest’ultimo – scrisse a inizio novembre Monica Frassoni su Sbilanciamoci.it – è sotto processo e quando l’ho visitato a metà ottobre mi ha detto senza mezzi termini che se Erdogan avesse ottenuto la maggioranza assoluta, la prossima volta saremmo andati a trovarlo in carcere”.

LA LETTERA DAL CARCERE. Dal carcere, i due hanno inviato una lettera proprio indirizzata all’Ue: “La volontà di risolvere la crisi dei migranti – scrivono – non pregiudichi il vostro impegno per i diritti umani, per la libertà di stampa e di espressione, che sono valori fondamentali del mondo occidentale”.

ERDOGAN: “ZONA LIBERA DAL TERRORISMO”. Del piano di una zona cuscinetto, che sarà sul tavolo oggi, ha parlato lo stesso Erdogan giovedì in una intervista a France 24: “Dobbiamo creare – ha detto – una zona libera dal terrorismo in Siria”, in modo che i rifugiati “non siano obbligati ad arrivare in Turchia o in Europa”. Erdogan è consapevole del fatto che, nonostante i malumori di diversi Paesi Ue nell’aprire le porte alla Turchia, Bruxelles si sente con le spalle al muro: prima ha ricordato che se non verrà adottata questa soluzione il flusso di rifugiati continuerà ad aumentare, e poi ha aggiunto: “In Turchia sono 2,5 milioni i profughi e in Europa si sta generando il panico con l’arrivo di centinaia di migliaia di migranti”.

L’ACCORDO CON GLI USA. Sulla creazione di questa fascia di sicurezza sul confine siriano, la Turchia raggiunse un accordo con gli Usa già a luglio. E all’ultimo G20 di Antalya, proprio in Turchia, secondo il quotidiano arabo con base a Londra al Asharq al Awsat, Erdogan ha rimesso la questione sul tavolo.

IL DOCUMENTO. Questione raccolta tutta in un documento di 51 pagine, secondo quanto il quotidiano Yeni Safak, giornale filogovernativo e quindi probabilmente imbeccato dallo stesso esecutivo, ha scritto pochi giorni prima del vertice Ue-Africa di Malta sui migranti. Si parla di un possibile intervento di terra in Siria, di 10.700 soldati, da dispiegare entro la metà di dicembre. L’ipotesi sarebbe penetrare fino a 46 chilometri in territorio siriano. Le truppe turche sarebbero pronte ad entrare in territorio siriano lungo sette regioni nelle prime due settimane di dicembre. Si potrebbe creare così un’area dove sarebbero confinati fino a cinque milioni di profughi. Il piano, secondo Ankara, dovrebbe includere sei campi principali per rifugiati, undici basi logistiche e diciassette punti di sicurezza.

UN NUOVO VIVAIO PER I TERRORISTI. Questo scenario apre due questioni. La prima è che queste aree rischiano di diventare enormi campi di contenimento, dai quali non si potrà uscire, gestite in una zona cuscinetto controllata dai militari turchi, non esattamente noti per le loro buone maniere. Una bomba a orologeria, secondo i critici, che diventerà un nuovo vivaio per il proselitismo a disposizione dei terroristi. Insomma, per risolvere un problema oggi, l’Europa metterebbe una nuova ipoteca sulla sua sicurezza di domani.

LA QUESTIONE CURDA. La seconda questione è quella curda. Erdogan sembra del tutto intenzionato a utilizzare l’operazione per lanciare una nuova offensiva contro il Pkk. A questo proposito, ad Antalya è stato piuttosto esplicito: “Tutti i tipi di terrorismo – ha detto – sono cattivi, tutti i terroristi sono cattivi. Dobbiamo abbandonare e rigiutare la logica ‘il mio terrorista è buono, il tuo è cattivo'”.

Non a caso, nell’intervista di giovedì non ha parlato di Isis, ma più genericamente di “terrorismo”. Negli ultimi mesi i raid turchi contro il Pkk, anche in Iraq, sono diventati quasi quotidiani. E Erdogan insiste per inserire nell’intesa con l’Ue anche il riconoscimento alla Turchia dello status di ‘Paese sicuro’, il che impedirebbe ai curdi di ottenere asilo in Europa.

LA QUESTIONE DEL LUOGO. Diventa perciò fondamentale capire dove la nuova area militarizzata sarà ricavata: se a ovest dell’Eufrate, nella zona controllata dall’Isis, o a est, nell’area a controllo curdo. Erdogan ha parlato di circa cinquemila chilometri quadrati. Il che potrebbe voler dire una striscia di cento chilometri di confine per 50 chilometri di profondità nell’area controllata dall’Isis. Ma anche una striscia di confine più larga e meno profonda che includa almeno una parte dell’area controllata dai curdi.

L’OFFENSIVA DI ERDOGAN. Negli ultimi mesi l’offensiva di Erdogan contro i curdi si è fatta sempre più vasta. Alle elezioni di giugno il suo partito, l’Akp, non raggiunse la maggioranza assoluta, mentre i curdi raccolsero uno storico successo, col 13% dei voti. Lui fece saltare la tregua militare col Pkk, rifiutò di fare un governo di coalizione e riconvocò il voto per novembre. Vinse le nuove elezioni anche grazie proprio, si mormora a mezza voce a Bruxelles, alle aperture dell’Ue del 16 ottobre, appena due settimane prima delle nuove elezioni, quando l’Europa era nel pieno dell’emergenza profughi e si paventava ogni giorno lo stop di Schengen.

EPILOGO. Il vertice che si apre oggi rappresenta l’epilogo di questa vicenda: l’Europa, terrorizzata dal possibile arrivo di due milioni di rifugiati siriani (pari allo 0,4% della sua popolazione, che supera i 500 milioni), chiede alla Turchia di fare quello che, per non tradire i propri principi di civiltà, non osa fare direttamente: bloccare milioni di persone in enormi campi profughi, in condizioni che si possono facilmente immaginare. E per farlo offre a Erdogan un’occasione per sferrare l’offensiva finale contro i curdi.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata

Tag: