Posizioni nettamente a destra: sì alla pena di morte, no ad aborto e nozze gay
Piace ai tea party, ma proprio per questo – forse – è troppo a destra per vincere al momento delle elezioni. Il 45enne Rafael Edward Cruz, detto "Ted", è il senatore del Texas che sta dando filo da torcere al capolista Donald Trump. Nato il 22 dicembre 1970, è stato prima studente e poi professore in legge. Ex funzionario dello Stato con la bandiera ad una stella, ha rappresentato il Texas presso la Corte suprema di Washington, quindi è stato dirigente alla Federal trade commission. Cruz è stato anche vice ministro della Giustizia per un paio d'anni, sotto George Bush figlio.
Ha una moglie, Heidi, e due figlie piccole. Le sue posizioni sono nettamente a destra: favorevole alla pena di morte, contrario all'aborto, al matrimonio o anche solo alle unioni civili per i gay. Annunciando l'intenzione di candidarsi, alla Christian Liberty University, ha detto che non ha intenzione di scendere ai compromessi sui suoi valori, anche se questo gli farà perdere voti. E' un fermo sostenitore del diritto ad avere armi da fuoco e ha anche lavorato come consulente legale della National Rifle Association. Ha promesso battaglia al sistema di assicurazioni sanitarie del presidente democratico (il cosidetto 'Obamacare') e un giro di vite contri i migranti che varcano il confine Usa-Messico. Il suo passato nelle istituzioni pubbliche, lo stile compassato e prudente, lo rendono un avversario temibile per Trump, sempre pronto a scivolare in qualche gaffe. Ma la nomenklatura del partito repubblicano potrebbe andargli contro. Lui, comunque, non sembra troppo preoccupato al riguardo: "Se state cercando un candidato abbracciato dall'elite politica di Washington, non sono il vostro uomo", ha detto al canale Fox News.
Le sue origini gli hanno dato parecchi grattacapi. Non tanto perché sua madre, cittadina americana, abbia origini italiane. Né perché il padre cubano fuggì dal regime di Fulgencio Batista. No, il problema sta nel luogo di nascita: il Canada. La legge degli Stati uniti, infatti, impone agli aspiranti presidenti di essere nati sul suolo americano. Molti hanno quindi puntato il dito contro l'atto dell'anagrafe canadese. La legge degli Usa, però, permette di candidarsi anche se si è nati all'estero da almeno un genitore statunitense.
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