Intervista sulle primarie a Dennis Redmont, ex corrispondente americano in Italia
Donald Trump e Bernie Sanders sono fuori dai giochi – detti outsider, o anche 'Maverick' – ma sentono odore di vittoria. Il miliardario ha fatto un accordo con l'establishment repubblicano, sembra 'un patto della crostata' che durerà poco. E lo spettro di un candidato indipendente, Michael Bloomberg, che potrebbe sparigliare le carte. Abbiamo chiesto ad un ex corrispondente americano, che ha vissuto a lungo in Italia, Dennis Redmont, di spiegarci cosa sta succedendo nella corsa alla Casa Bianca in vista delle primarie.
Trump oggi snobba il dibattito di Fox. Come mai questa decisione? E' una decisione intelligente?
Trump ha speso zero in pubblicità: zero! Sta impostando tutto sui social network o sulla sua stessa presenza, visto il fascino che suscita nei media. Gli altri stanno spendendo di tutto, tanto i democratici quanto i repubblicani, sui mezzi tradizionali. Il fatto che lui si stacchi da un dibattito in realtà gli dà una mano, dimostrando che lui non si mischia con i candidati. Lui, poi, deve vedersela con un'altra minaccia: la possibile entrata di un altro candidato espressione degli affari, del business, che è Bloomberg.
I commenti di Trump sono spesso razzisti, xenofobi, sessisti. Pagano?
Ha una base fatta dai sottopagati, i disoccupati, i sottoprivilegiati: si tratta sempre di bianchi, uomini, che negli ultimi dieci anni hanno perso il loro potere di acquisto.
Vedono in lui l'uomo che si è fatto da solo, il self-made-man, come è stato forse per Berlusconi in Italia?
Sì, con la contraddizione che, come per Berlusconi, non si capisce perché i repubblicani di questo tipo, votino per una persona che fondamentalmente non difende i loro diritti. Però piace a loro, piace come parla.
Piace più lui rispetto ad una persona come Bloomberg, vista come distante?
Esatto. C'è poi tutto il dibattito interno ai repubblicani. Vediamo, per ora, l'inizio di una grande spaccatura. Quando Trump ha deciso di fare il candidato dei repubblicani, lui si è seduto con i dirigenti del partito, che gli hanno detto: "Noi ti aiuteremo se tu poi non te ne vai a fare l'indipendente".
Un accordo, insomma?
Sì, un accordo. Certo, non sappiamo se questo accordo farà la fine del patto della crostata. Trump ha detto: "Fornitemi i dati sui nostri elettori e io vado a far loro la corte". Dice pure che non ha ricevuto tutti i dati. L'establishment dei repubblicani si è poi reso conto che "i buoi sono scappati" quando credevano di aver chiuso la stalla. Ormai è troppo tardi per riprenderli, a meno che lui non abbiamo un incidente di percorso.In ogni caso, e quale che sia il candidato, i repubblicani si rimetteranno assieme. Accadrà di sicuro, tra un paio di mesi di serie convulsioni. Questa crisi con Fox è solo la prima di tante convulsioni.
Altri candidati, come Ted Cruz e Jeb Bush, non sono abbastanza convincenti?
R. Non lo so, vedremo su quale candidato converge l'elettorato. In America, comunque, è tradizione unirsi su chi vince le primarie. Per il momento, nei due partiti, a sentire il profumo di vittoria sono due candidati definibili come cani sciolti ('maverick', in inglese): lo stesso Trump e Bernie Sanders.
Ma 'maverick' del genere' possono davvero vincere alle elezioni? non sono troppo polarizzanti?
Nei democratici abbiamo già visto questo fenomeno con Howard Dean, che era una specie di Bernie Sanders. Poi alla fine si è conformato. Però, nelle elezioni degli Stati uniti, i repubblicani non hanno mai avuto un candidato 'anti-business': alla fine avranno un candidato pro-business.
E i democratici?
In questo momento, in questa decade, i democratici sanno fare i presidenti ma non sanno fare i parlamenti: sono una macchina che guadagna voti a livello nazionale, ma a livello locale, a causa della manipolazione dei distretti elettorali (gerrymandering) e della loro inabilità, non riescono a vincere. E' possibile che continui così: un democratico presidente e un Congresso repubblicano. Il che, secondo alcuni, può anche funzionar bene: l'uno controlla l'altro.
Chi sarà questo presidente democratico?
Vedo bene un ticket con Hillary Clinton presidente e Julian Castro vice. Quest'ultimo è 'latino' e giovane: non esiste una generazione intermedia nei democratici, non hanno dei cinquantenni, e questo può essere un problema serio. Devono pescare tra i trentenni, i quarantenni. Julian Castro è ministro di Obama per la casa e lo sviluppo urbano, ha parlato alla convention democratica (cosa che portò bene anche ad Obama in passato). Ci sono già stati dei contatti con Hillary. E questo perché da parte repubblicana, che ci sia Bush, che parla spagnolo, o soprattuto Cruz o Rubio, che hanno genitori cubani, ci sarà sempre una qualche componente ispanica.
E il ticket repubblicano, quindi, da chi sarà composto?
È stato chiesto a Hillary quale coppia di avversari temesse di più, e lei ha risposto: Rubio-Kazich: Rubio viene dalla Florida e Kasich dall'Ohio, due Stati chiave.
Quindi la risposta non l'avremo né in Iowa il 1 febbraio né in New Hampshire una settimana dopo?
L'avremo forse dopo il super-martedì (super-Tuesday), in marzo, quando molti Stati avranno le primarie contemporaneamente. E non a caso Bloomberg ha detto che deciderà dopo tale data.
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