Intervista al giornalista ed ex senatore italiano che commenta a LaPresse il risultato della giornata elettorale di ieri negli Stati Uniti
"Vincerà Hillary Clinton, in ogni caso. Donald Trump è un personaggio dall'umore variabile, una mina vagante e gli Americani questo lo sanno". Non ha dubbi Furio Colombo su chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti. Il giornalista ed ex senatore italiano commenta a LaPresse il risultato della giornata elettorale di ieri negli Stati Uniti. Trump e Clinton dominano nel 'super martedì' conquistando la vittoria in 7 Stati. In casa Gop, il senatore del Texas Ted Cruz vince nel suo Stato natale e nel vicino Oklahoma. Il senatore della Florida, Marco Rubio, favorito dall'establishment repubblicano, si prende invece il Minnesota, la sua prima vittoria. Il rivale di Clinton, Bernie Sanders, il senatore del Vermont che si definisce socialista, ha vinto nel suo Stato e in Colorado, Minnesota e Oklahoma, promettendo di continuare la battaglia per la corsa nei 35 membri che ancora devono votare.
Da quando è stato istituito nel 1988, il 'super martedì' ha sempre definito la nomination presidenziale. È cosi anche questa volta?
Assolutamente no. La strada è ora sicuramente più in discesa per Clinton ma non si può dire lo stesso per Trump a dispetto di quello che appare. Esiste una reale forza di resistenza all'interno del partito repubblicano che può ancora decidere di arginare l'impeto prorompente ma del tutto caotico del magnate newyorkese. Esiste da parte dell'establishment di partito un riorganizzarsi di forze con l'obiettivo, detto in parole povere, di liberarsi di Trump.
In che modo potrà avvenire?
I due rivali, Cruz e Rubio, potrebbero cambiare strategia e decidere di unire le forze, di coalizzarsi contro un obiettivo comune.
Ma quando questo potrebbe accadere?
Un altro voto chiave sarà quello in Florida, roccaforte del sentore Rubio. I sondaggi danno Trump vincente anche qui e in effetti è difficile che Rubio riesca in un'ultima volata dopo i risultati di oggi. Ed è probabile che in quel caso possa decidere di coalizzarsi con Cruz. E non dimentichiamo anche gli altri due candidati repubblicani che ancora concorrono: Ben Carson e John Kasich. Insomma, Trump potrebbe essere osteggiato da una grande risalita strategica e popolare di resistenza da parte dei repubblicani.
Questo nonostante il grande successo ottenuto? Altre volte gli Stati Uniti hanno dimostrato di premiare personaggi 'anti-sistema. Penso a Reagan o Schwarzenegger in California…
Non questa volta. Reagan, e lo stesso Schwarzenegger, erano sì fuori dal cosiddetto 'sistema' politico ma garantivano l'equilibrio tra tutti quei valori che contraddistinguono da sempre il partito repubblicano, la famiglia tradizionale, una politica estera interventista, il taglio delle tasse. Trump, invece, rompe tutti gli schemi di salotto, le sue sono vittorie di spettacolo, volgari ma, a quanto pare, efficaci per una parte di elettorato. Ma questo non potrà andare avanti fino alla fine.
Cosa vuol dire?
Che il potere della ricchezza, come dimostra anche la storia italiana, può portare in alto, ma d'altro canto bisogna fare i conti con il potere dell'abilità politica, di cui è sicuramente dotata Clinton. Dobbiamo ricordare che il popolo americano è attento alla reputazione e al prestigio del proprio Paese, soprattutto a livello internazionale e desidera essere rappresentato da qualcuno che sappia valorizzare quel potere. Trump è un personaggio a 'umore variabile', contrassegnato dalla mancanza di equilibrio, una mina vagante, che potrebbe tradursi in un disastro nazionale e globale. E questo gli americani lo sanno.
Come mai piace così tanto allora?
Obama ha governato bene, fino a imporre l'Obama-care per restituire cure mediche ai poveri, risanando l'economia e restituendo il lavoro. Ma ha creato una crisi di rigetto impersonata da personaggi politicamente deformi come Trump che parlano 'alla pancia' e che possono piacere all'inizio ma che non si tradurrà in una vittoria finale. Ripeto, Trump è il segno del disequilibrio che a lungo termine destabilizza e stanca. Sul fronte democratico, questa crisi di rigetto ha creato anche slanci grandi e futili, come la campagna elettorale di Sanders, appesa nel vuoto.
Eppure, parlando di Sanders, oggi ha conquistato a sorpresa altri tre Stati oltre al Vermont di cui è senatore. In Colorado, ad esempio, era data Clinton super favorita. La sua corsa continuerà?
Non credo che Sanders potrà ancora portare altri grandi risultati. La grande folla democratica, ma anche non necessariamente schierata, degli Usa sente il bisogno di un equilibrio da contrapporre al disequilibrio rappresentato da Trump. E Clinton promette questa stabilità, con la sua abilità, con i suoi legami politici ed economici.
La luce di Clinton sembrava però spenta ultimante. Oggi è il giorno del riscatto secondo lei?
Clinton è una candidata ideologicamente sbiadita ma politicamente forte e in grado di portare alla Casa Bianca almeno la protezione dei diritti umani e civili e la politica estera. All'inizio sembrava non essersi accorta che questa campagna elettorale richiedeva toni ben più forti e temi ben più alti. Grinta che dopo la vittoria schiacciante in Carolina del Sud ha ritrovato.
Dopo i Kennedy e i Bush è quindi tempo di una nuova dinastia alla casa bianca? Quella dei Clinton?
Non so se si tratti proprio di una dinastia. Bill e Hillary sono marito e moglie, non fratelli o padre e figlio. In questo caso forse si tratterebbe più di un passaggio tra vecchi colleghi di lavoro: entrambi sono stati segretari di Stato, sono stati partner di governo. Ma io credo comunque che vincerà lei. In ogni caso.
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