E' stata la prima donna magistrato in Iran e prima musulmana a ricevere il premio Nobel per la Pace

Il suo esilio è cominciato nel 2009. Shirin Ebadi partiva per Maiorca con il solo bagaglio a mano, pensava di rientrare a Teheran in meno di una settimana. E invece a casa non è più tornata. Erano i giorni della prima elezione di Mahmud Ahmadinejad a presidente dell'Iran, una vittoria cui seguì subito la violenta repressione dei dissidenti. Nella lista nera del regime c'era anche Shirin Ebadi, prima donna iraniana a diventare magistrato nel suo Paese e prima musulmana a ricevere il premio Nobel per la Pace nel 2003 che ora racconta la sua persecuzione in 'Finché non saremo liberi' (Bompiani).

LE BATTAGLIE E GLI ARRESTI. "Quando nel 2009 ho salutato mio marito, ho avuto la forte sensazione che non l'avrei mai più rivisto. Per questo ho messo in valigia anche la mia green card americana, e per questo ho guardato a lungo ogni stanza della mia casa", racconta a LaPresse Ebadi che, come avvocata, ha aperto molte nuove strade combattendo in prima linea per i diritti civili di chi è più vulnerabile (donne, dissidenti e minoranze) a partire naturalmente dall'Iran dove solo pochi anni fa, nel 2004, "le autorità condannarono a morte una sedicenne per aver fatto sesso prima del matrimonio, reato contro la castità". Il prezzo per la sua lotta l'ha pagato caro: le autorità hanno arrestato prima lei, poi suo marito, la sorella, i collaboratori. Le hanno sequestrato l'ufficio e messo microspie ovunque.

MINACCE DI MORTE. Da sette anni Ebadi vive dunque in esilio tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Ma davvero il regime iraniano avrebbe osato uccidere un Premio Nobel? "L'intelligence di Stato – dice – sa eliminare i nemici lavandosi subito le mani. Possono far uccidere una persona in un incidente o in mezzo alla folla. Gli agenti avevano affittato un ufficio vicino al mio a Teheran, quindi sono sicura che ancora oggi mi stiano seguendo. Ma a me non importa, perché non sto facendo nulla di nascosto". Sulla possibilità di rivedere il suo Paese sotto Rohani non si fa illusioni: "Come qualsiasi altro presidente della Repubblica islamica, Rohani non ha nessun potere. Tutti i poteri sono nella mani del leader supremo che è eletto a vita, ma non dal popolo".

FELICE PER SADIQ KHAN. Tra i temi a lei cari c'è naturalmente l'immigrazione. Per questo Shirin Ebadi si dice felice del successo di Sadiq Khan, anche lui musulmano, anche lui avvocato specializzato in diritti umani. "Non lo conosco personalmente, ma mi fa piacere che il figlio di un emigrato pachistano sia riuscito a diventare sindaco di Londra", dichiara Ebadi che commenta l'infelice battuta di Beppe Grillo su Khan, ("Voglio poi vedere quando si fa saltare in aria a Westminster…", ha detto il comico durante uno spettacolo): "Mi spiace che un politico italiano abbia parlato così di lui e più in generale mi spiace che in Occidente ci sia qualcuno che tratti in questo modo gli immigrati. Forse chi lo fa ha paura, ma allora non conosce l'Islam. Ci sono vari modi di interpretarlo, l'Isis e i Talebani raccontano la versione sbagliata di questo credo, fanno terrorismo in nome dell'Islam. Per loro l'Islam è un alibi".

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