Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, ha ribadito il suo sostegno alla reintroduzione della pena di morte nel suo Paese, sostenendo che "la gente lo vuole", e ha difeso gli arresti di massa e i licenziamenti effettuati dopo il fallito golpe del 15 luglio.
"Se siamo in uno stato democratico, il popolo ha l'ultima parola. E la gente che cosa chiede adesso? Chiede la reintroduzione della pena di morte", ha detto ieri sera il capo dello Stato turco alla televisoione pubblica tedesca Ard.
Erdogan poi ha aggiunto ancora: "Solo in Europa non c'è la pena di morte. Quasi ovunque è attiva". Nonostante queste affermazioni, ha riconosciuto che non è in suo potere decidere in questa materia, che spetta al Parlamento. "Io non sono un re. Sono solo un presidente di uno Stato. Essere un presidente forte non significa agire contro la Costituzione", ha sottolineato.
E circa le migliaia di arresti ha detto: "Visto che (i seguaci di Gülen) sono noti, siamo stati in grado di rispondere rapidamente". Poi un attacco all'Europa: "I leader europei non sono sinceri" perché secondo Erdogan non rispettano gli accordi sui rifugiati concordato con Ankara lo scorso marzo, nel quale il suo Paese ha accettato di accogliere i rifugiati in arrivo dalla Grecia, in cambio di un aiuto da 6 miliardi di euro. Secondo Erdogan, finora il suo paese ha ricevuto solo una somma "simbolica" dei primi 3 miliardi "promessi". "Noi manteniamo la nostra promessa. Ma gli europei hanno mantenuto la loro", ha chiesto Erdogan durante l'intervista all'emittente tedesca.