Istituito il lutto per un intero anno

È morto a 88 anni il re della Thailandia Bhumibol Adulyadj, il monarca in carica da più tempo al mondo, con 70 anni di reggenza. Per la gran parte dei 68 milioni di thailandesi, il re è stato un pilastro della stabilità in un periodo storico caratterizzato da rapidi cambiamenti. Sotto il suo regno, il Paese ha visto susseguirsi ben 10 colpi di Stato. Il premier, il generale Prayut Chan-ocha che fu a capo del golpe militare del 2014, dopo la sessione straordinaria dell'Assemblea nazionale non ha annunciato il successore, ma che il principe ereditario Maha Vajiralongkorn ha chiesto di poter rispettare un periodo di lutto prima di assumere l'incarico. Nel Paese, i dipendenti pubblici dovranno osservare un lutto di un anno e il premier ha esortato i cittadini ad astenersi da festeggiamenti per un mese.

L'influenza del principe 64enne si è accresciuta negli ultimi anni, grazie anche a diverse apparizioni nelle cerimonie pubbliche, ma non è arrivata al livello di quella del padre. L'avvicendamento al trono non lascia tranquilli gli analisti, che temono le ambizioni del premier, saldamente al potere dopo il colpo di Stato. Il timore è che, una volta svanita l'unità promossa dal re, si possano scatenare tensioni politiche.

Salito al trono il 9 giugno 1946, re Bhumibol divenne nel tempo un elemento fondante della coesione del Paese, minacciata l'ultima volta dal colpo di stato militare del 2014. La gran parte dei thailandesi non ha mai avuto altro sovrano e oggi la popolazione ha pianto la sua morte. Oltre mille persone si sono raccolte fuori dall'ospedale della capitale dove è deceduto, ricordandolo tra le lacrime e i fiori deposti per lui.

Nel 1973, il re intervenne dopo lo spargimento di sangue a Bangkok, quando gli studenti manifestarono contro il governo militare. La sua immagine di arbitro delle tensioni politiche del Paese si rafforzò poi nel 1992, dopo i violenti scontri tra dimostranti pro-democrazia ed esercito. Convocò le parti e chiese loro di desistere della violenza. Le sue azioni furono decisive per il crollo del regime militare.

"Il re sia considerato in una posizione di reverente fede e non dovrebbe essere offeso", recita la Costituzione. In Thailandia sono infatti in vigore leggi sulla lesa maestà, che impongono severe condanne per chi offenda la monarchia. Leggi che sono state applicate duramente, mentre il potere tentava di controllare le forze politiche e mentre il dissenso ha trovato nuova voce nei social media. Sotto il regno di Prayuth il numero di processi e di severe condanne per lesa maestà è molto aumentato. Lui stesso, nel 2005, si è detto aperto alle critiche e ha affermato che i detenuti per questo reato avrebbero dovuto essere rilasciati. Tuttavia, negli anni seguenti non ha poi arginato l'aumento di casi.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata