"Non credo che Trump possa essere la causa dei problemi futuri. Al massimo Trump è la conseguenza dei problemi attuali". La sua vittoria, così come quella i populisti e autocrati in tutto il mondo, "vuol dire che i modelli politici non tengono più come prima e non possiamo dare la colpa ad alcuni miliardi di persone. Non lo avevamo capito e adesso ci prendiamo questi schiaffi". Non ha dubbi Luigi Bonanate, professore emerito di relazioni internazionali, già presidente del corso di laurea in Scienze internazionali e diplomatiche dell'università di Torino. Direttore del centro studi di scienza politica Paolo Farneti, fondato nel 1969 da Norberto Bobbio, segue con attenzione gli sviluppi internazionali. Bonanate sviluppò nei suoi anni di ricerca la teoria "della guerra costituente", secondo la quale ogni 70 anni circa un conflitto ridefinisce gli equilibri mondiali. Il declino Usa, l'ascesa della Cina, la politica di potenza della Russia sembrano tappe di una evoluzione che potrebbe dargli ragione. "Non sono l'unico ad aver fatto ipotesi di questo tipo – spiega -. La National Security Agency già qualche anno fa diceva che gli anni Trenta avrebbero visto il crollo dell'Occidente. Prima ipotizzarono una guerra intorno al 2025, poi spostarono la data un po' più avanti, al 2030, parlando di una crisi generale".
Trump potrebbe essere l'interprete dell'accelerazione dell'instabilità globale?
"No. Non credo che Trump possa essere la causa dei problemi futuri. Al massimo Trump è la conseguenza dei problemi attuali. Mi sembra che sia l'espressione di un mondo che ha i problemi che ha. Certo, è preoccupante che una persona così inesperta possa trovarsi sulla scrivania i problemi più grandi che uno possa affrontare. Ma probabilmente anche lui imparerà a gestire le cose. Il problema vero è che nel mondo si votano Trump, Putin, Erdogan. Si fa il Brexit. Siamo di fronte a un generale declino dei pricipi sui quali il post-1989 si era costruito".
A breve ci saranno tornate elettorali anche in Germania e Francia. La Merkel secondo tutte le previsioni perderà.
"E in Francia probabilmente vincerà la Le Pen".
Il quadro quindi si completerà con politici populisti anche nel cuore dell'Europa.
"Certo. Perciò dobbiamo renderci conto che non siamo stati bravi nell'analisi in passato. Siamo stati tutti ingenui. Abbiamo pensato che personaggi così poco ortodossi non potessero vincere le elzioni. Abbiamo creduto che fosse sufficiente che una donna si presentasse alle elezioni per vincerle e questo è stato un altro errore. Più in generale non abbiamo capito che in occidente la gente non è più interessata alla politica. La classe media non fa politica e non ha più voglia di sentirne parlare. Per cui si vota contro l'estabilishment, invece che per un nuovo estabilishment. Questo è preoccupante come cittadini, ma è molto interessate dal punto di vista dell'analisi. Vuol dire che i modelli politici non tengono più come prima e non possiamo dare la colpa ad alcuni miliardi di persone. Non lo avevamo capito e adesso ci prendiamo questi schiaffi".
La Russia ha da tempo ripreso una politica aggressiva, prima con la vicenda ucraina, poi con quella siriana. Già da prima della prima guerra mondiale la Turchia aveva un ruolo nel contenerla, con il blocco degli Stretti e la sua influenza sui Balcani, per questo il suo ruolo era cruciale nella Nato. Ora siamo di nuovo alla fase in cui la Turchia cede e la Russia tende ad espandere la propria influenza. Trump ha detto che non è molto interessato alla vicenda ucraina e che non difenderà i Paesi balcanici di fronte a una iniziativa russa se prima non si metteranno in regola con le quote da pagare all'Organizzazione atlantica. Insomma Trump lascerà spazio alla Russia. Questo può essere pericoloso?
"Agli esempi storici le credo poco. Le condizioni di fine XIX secolo sono ben diverse da quelle di oggi. Oggi abbiamo armi di distruzione universali che una volta non c'erano. Il pendolo della politica internazionale è passato dall'Europa agli Stati uniti. Nel frattempo la Russia si è trasformata nell'Unione sovietica, che poi è sparita. Nella storia, quando scompaiono i grandi imperi lo fanno col botto, cioè con una guerra. Invece l'Urss si è praticamente suicidata. Insomma ci sono stati tanti sviluppi diversi. Insomma è tutto diverso. Il passato ci aiuta a riflettere ma non possiamo usarlo come spunto per una previsione sul futuro. Le previsioni le possiamo fare cercando di capire meglio come la situazione si sta evolvendo".
E come si sta evolvendo?
"Il punto chiave è il fatto che tutti i politici si preoccupano più della propria politica interna che che della dimensione internazionale. Questo è iniziato già prima dell'11 semttembre. Il decennio clintoniano è stato un periodo in cui il messaggio era 'ciascuno si faccia gli affari propri. Ci sono soldi e sviluppo per tutti'. Ricordiamo 'La fine della storia' di Fukuyama (celebre saggio pubblicato all'indomani del crollo dell'Urss, ndr)? L'idea era che si avanzava verso un mondo di eguaglianza nelle possibilità e nelle occasioni. Bastava avere un computer e andare in giro per il mondo. Era la new economy. Quello implicava però che non ci fossero più grandi schematismi internazionali. L'11 settembre ha fatto esplodere tutto ciò".
Quindi Trump non rappresenta che una nuova tappa di lungo tempo avviato? Tutto sommato è una visione ottimista del personaggio.
"No, attenzione. Io ero pessimista prima. E quindi è una continuità nel pessimismo".
Ma lei realmente si aspetta quindi una guerra mondiale entro una quindicina di anni?
"Non sono l'unico ad aver fatto ipotesi di questo tipo. La National Security Agency già qualche anno fa diceva che gli anni Trenta avrebbero visto il crollo dell'Occidente. Prima ipotizzarono una guerra intorno al 2025, poi spostarono la data un po' più avanti, al 2030, parlando di una crisi dell'Occidente".
Ma il potere Usa sta davvero declinando?
"Questa è la cosa curiosa. Chi si sarebbe immaginato che Gli Usa avrebbero smesso di guidare il mondo? Nel 1975 uscì un libro intitolato 'L'America come uno Stato ordinario'. A noi sembrò una battuta di spirito. Invece, forse un po' in ritardo, è quello che sta avvenendo. Gli Stati uniti stanno diventando un Paese ordinario.
Questo di per sé può essere anche positivo. Ma bisogna capire se l'Europa sarà capace di fare la propria parte. Onestamente io ho sempre criticato quelli che dicevano 'si stava meglio quando si stava peggio', ma è vero che ai tempi del bipolarismo se non altro c'erano più certezze. Pensammo che con il 1989 era tutto finito. Invece la majonese è impazzita. Dal Kosovo in poi, ogni giro ha peggiorato un po' la situazione complessiva".
Chi sarà a governare il mondo dopo gli Usa?
"La Russia è il Paese più grande della terra, la Cina il più popolato. Potrebbero allearsi o scontrarsi. Questo non vuol dire che l'Europa è libera, sarebbe coinvolta ugualmente. E gli Usa potrebbero conoscere la prima guerra combattuta sul proprio territorio".
Qual è il ruolo dell'Italia?
"Quello di tutti gli altri. Il problema non è se l'Italia abbia più o meno soldi o se il bilancio sia più o meno corretto. I veri problemi sono quelli come l'immigrazione, di fronte ai quali serve l'Europa, non l'Italia. Il problema non nasce in Europa, ma dal fatto che l'Europa non lo vuole affrontare. Le migrazioni hanno fatto la storia dell'umanità. E' un meccanismo umano, è inarrestabile e inevitabile. Impariamo ad affrontarlo invece di litigare sui soldi. Che uno tiri su i muri non è una soluzione".
In Italia ci abbiamo messo vent'anni a capirlo, difficile immaginare che in Europa lo possano comprendere in due.
"Ma la storia va avanti comunque. Il giorno che tutta l'Europa fosse blindata, i migranti travolgerebbero tutto".