Confermata la linea dura sulla Brexit. Verranno definite nuove regole e diritti

La libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea nel Regno Unito finirà a marzo del 2019, cioè nella data prevista per il divorzio di Londra dal blocco. A chiarire la posizione britannica, dopo gli orientamenti di segno diverso emersi da vari ministri nei giorni scorsi, è il portavoce della premier Theresa May. "La libertà di movimento finirà a marzo del 2019" e "sarebbe sbagliato suggerire che continuerà com'è adesso", ha dichiarato, con l'intenzione di sgombrare il campo dai dubbi.

La posizione ufficiale, dunque, esclude che la libertà di movimento dei cittadini europei possa restare in vigore dopo l'uscita dal blocco per un periodo di transizione di tre anni, come avevano invece ipotizzato alcuni membri dell'esecutivo britannico. A fare la differenza saranno però i dettagli della politica dell'immigrazione post Brexit, e su quelli Downing Street rinvia l'annuncio "a tempo debito".

Sulla questione si gioca tutta la differenza fra i sostenitori di una 'hard Brexit' e quelli di una 'soft Brexit', anche all'interno del governo stesso. Da quando May ha perso la maggioranza assoluta in Parlamento nelle elezioni anticipate da lei volute dello scorso 8 giugno, all'interno dell'esecutivo le divergenze sono venute allo scoperto, con alcuni ministri che stanno facendo pressioni sulla premier per temperare il piano annunciato a gennaio, che considera il controllo dell'immigrazione una priorità. Il tutto, inoltre, ha sullo sfondo la preparazione del nuovo round di negoziati, in programma per il 28 agosto, fra meno di un mese. Alti rappresentanti dei conservatori, come per esempio Iain Duncan Smith, hanno avvertito i ministri che dichiarare a gran voce le proprie proposte per l'accordo relativo al periodo di transizione post Brexit rischia di rendere i negoziati più difficili; e il partito euroscettico Ukip sostiene che dei ministri 'pro-remain' stiano "promuovendo confusione e incertezza" per ostacolare i negoziati e provare a fare marcia indietro sulla Brexit.

Nei giorni scorsi, mentre May era già in vacanza, alcuni ministri del suo governo hanno rilasciato dichiarazioni contrastanti sulla questione. Da una parte il ministro delle Finanze Philip Hammond e la ministra dell'Interno Amber Rudd hanno ipotizzato che la libertà di movimento Ue potesse rimanere in vigore per un periodo di transizione di tre anni dopo la Brexit, quindi fino al 2022; Hammond aveva detto che sì, la libertà di circolazione terminerà nel 2019, ma solo nominalmente, perché "molte cose resteranno simili". Dall'altra parte, invece, il ministro del Commercio Liam Fox, in un'intervista rilasciata domenica al Sunday Times, ha smorzato gli entusiasmi, affermando che all'interno del governo non c'è nessun accordo per mantenere la libera circolazione dei lavoratori per tre anni e che un accordo con queste caratteristiche "non terrebbe fede" al risultato del referendum del 23 giugno del 2016, con il quale i cittadini britannici hanno scelto di abbandonare l'Ue.

Cosa potrebbe cambiare per i cittadini Ue? Le modalità e le tempistiche dei cambiamenti sono tutte da definire, ma una parola chiave è senz'altro registrazione. Secondo un piano annunciato giovedì dalla ministra dell'Interno Rudd, nei tre anni successivi alla Brexit, cioè dal 2019 al 2022, i cittadini Ue che intendano spostarsi nel Regno Unito potranno farlo purché seguendo una procedura di "registrazione e documentazione". Resta da capire, tuttavia, quali condizioni saranno previste per questa procedura. Downing Street, nella dichiarazione chiarificatrice di oggi, ha invitato a non avanzare speculazioni perché il sistema di immigrazione post Brexit sarà illustrato "a tempo debito", ma ha anche ricordato che "la scorsa settimana la ministra dell'Interno (Rudd ndr.) ha detto che per i migranti che arrivano dopo marzo del 2019 ci sarà un sistema di registrazione".

Come pure di un sistema di registrazione si è parlato per i 3 milioni di cittadini Ue che vivono già nel Regno Unito e vorranno regolarizzare la propria posizione dopo la Brexit. L'annuncio di Rudd, pensato per rassicurare le imprese e i lavoratori europei (di cui il Regno Unito stesso sa che continuerà ad avere bisogno), prevede che, per un periodo di transizione di tre anni dopo la Brexit, i cittadini Ue potranno ancora entrare liberamente negli Stati Uniti, purché passando per una procedura di "registrazione e documentazione". Dopo il 2022, invece, si passerà a un'altra fase, in cui i nuovi arrivi andranno regolati in base agli accordi di lungo termine con l'Ue, in considerazione delle necessità economiche e sociali del momento. Su questa fase, però, Downing Street non si è pronunciata.

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