Puigdemont: Sono detenuti politici. Il governatore glissa su indipendenza, ma Rajoy non ci sta
Niente arresto per il capo dei Mossos d'Esquadra Josep Lluis Trapero, ma il tribunale spagnolo Audiencia Nacional ha ordinato l'incarcerazione per i leader delle organizzazioni indipendentiste Omnium cultural e Asamblea Nacional Catalana, Jordi Cuixart e Jordi Sanchez, con l'accusa di sedizione. I due sono accusati di avere "promosso" l'assedio alla Guardia civil che il 20 settembre: gli agenti stavano compiendo delle perquisizioni nella sede del ministero dell'Economia catalano per impedire il referendum del 1° ottobre sull'indipendenza della Catalogna e i manifestanti che protestavano contro il raid circondarono l'edificio. Con questa decisione, la giudice Carmen Lamela ha accolto la richiesta che era stata fatta dalla procura. Non ha accolto, invece, la richiesta di arresto che pure la procura aveva avanzato per Trapero: per lui e per un'altra responsabile dei Mossos, Teresa Laplana, la giudice ha scelto misure cautelari di libertà vigilata, cioè presentarsi ogni 15 giorni per l'obbligo di firma e consegnare il passaporto, con divieto di uscire dal Paese.
"La Spagna mette in carcere leader della società civile della Catalogna per avere organizzato manifestazioni pacifiche. Tristemente, abbiamo di nuovo prigionieri politici", ha commentato su Twitter il governatore della Catalogna, Carles Puigdemont. "Provano a imprigionare le idee ma ci rendono più forte la necessità di libertà", ha aggiunto. Per il reato di sedizione, in Spagna sono previste pene comprese fra 8 e 15 anni di carcere. E dopo le 'caceroladas' spontanee scoppiate in serata dopo l'annuncio dell'ordine di arresto, per domani Omnium cultural e Asamblea Nacional Catalana hanno convocato due proteste, alle 12 e alle 19, davanti ai "centri di lavoro" e ai municipi catalani.
La decisione della Corte giunge al termine di una nuova giornata carica di tensione. Rispettando la scadenza imposta dal governo di Madrid, Carles Puigdemont aveva scritto al premier Mariano Rajoy: nella lettera di quattro pagine, però, il governatore catalano non ha risposto alla domanda di Madrid sul se abbia o meno dichiarato l'indipendenza della Catalogna, ma ha proposto di dialogare nei prossimi due mesi. Il governo del premier Mariano Rajoy non ci sta e gli ha fatto presente che "non era molto difficile dire sì o no", dando tempo fino a giovedì per rettificare oppure scatterà l'articolo 155 della Costituzione che sostanzialmente 'commissionerebbe' le istituzioni catalane.
Giovedì scorso Puigdemont aveva pronunciato al Parlamento locale una dichiarazione d'indipendenza che aveva poi lui stesso sospeso pochi secondi dopo, invitando Madrid al dialogo. Rajoy gli aveva quindi dato tempo fino a lunedì 16 per chiarire se quella dichiarazione fosse avvenuta o meno, fissando poi un'ulteriore scadenza eventuale sino a giovedì per rettificare nel caso la risposta fosse stata sì. Invece, Puigdemont ha inviato una lettera in cui non risponde sulla dichiarazione e fa una "proposta di dialogo sincera e onesta", per parlare "nei prossimi due mesi" e incontrarsi "quanto prima possibile" con Rajoy. Puigdemont ha chiesto "dialogo sincero" e anche di fermare la "repressione" verso i catalani, riferimento alle denunce di violenze da parte della polizia.
La vice premier, Soraya Saenz de Santamaria, gli ha risposto dalla Moncloa: "Deve solo dire se ha dichiarato l'indipendenza, mai una risposta è stata così semplice", ha tempo sino a giovedì alle 10 per rettificare. Ha anche sottolineato che il dialogo può avvenire solo nell'ambito della legge e al Congresso. Rajoy ha risposto a Puigdemont in una lettera, in cui s'è detto "profondamente" dispiaciuto e ha avvertito che il governatore sarà "l'unico responsabile dell'applicazione della Costituzione", in riferimento all'articolo 155.
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