Dichiarato lo stato d'emergenza nel Paese. Il bilancio provvisorio è di 47 morti e 129 feriti. Palazzo Chigi: "Nessun intervento con corpi speciali in preparazione"

Resta alta la tensione in Libia dopo l'escalation degli scontri nelle ultime ore. Violenti scontri proseguono alla periferia meridionale di Tripoli, in Libia, dopo il crollo del cessate il fuoco annunciato venerdì. La missione delle Nazioni unite in Libia (Unsmil) ha invitato "le varie parti coinvolte" a una "riunione allargata" prevista martedì 4 settembre, per discutere la situazione della sicurezza. Non sono stati forniti dettagli sui partecipanti e sul luogo dell'incontro. "Sulla base delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza e dell'offerta del Segretario generale delle Nazioni Unite di mediare tra le varie parti libiche e di rispondere alle richieste delle varie parti, compreso il governo di accordo nazionale riconosciuto a livello internazionale", si legge in una nota, "Unsmil invita le varie parti interessate a un incontro allargato martedì a mezzogiorno in un luogo che sarà annunciato in seguito".

Intanto, il bilancio ufficiale degli scontri è salito a 47 morti dal 27 agosto. Inizialmente nelle ostilità si scontravano le milizie di Tripoli legate al Governo d'unità nazionale (Gna) e la Settima brigata di Tarhuna, che formalmente dipende dal ministro della Difesa legato al Gna. La brigata ha dichiarato di condurre una "operazione di liberazione di Tripoli" dalle milizie, mentre il Gna ha garantito di averne ordinato la dissoluzione nell'aprile scorso. Intanto altri gruppi armati, provenienti da Misurata, hanno dichiarato di avere lo stesso obiettivo della Settima brigata, impegnandosi a combattere contro le forze filo-Gna. Nella giornata di oggi, lunedì 3 settembre, esplosioni sono state udite dal centro della città. Secondo un portavoce dei servizi d'emergenza, Oussama Ali, gli scontri in periferia hanno bloccato delle famiglie. Nel centro città, invece, AFP ha constatato che la situazione è apparentemente normale. 

Anche l'Unione europea – ha detto l'Alto rappresentante per la Politica estera dell'Ue, Federica Mogherini, in un discorso alla conferenza degli ambasciatori Ue – è concentrata sulla crisi libica, che rappresenta una delle "urgenze" di Bruxelles.

– ha dichiarato inoltre il portavoce della Commissione europea, Carlos Martin Ruiz de Gordejuela – sta minando una già fragile situazione nel Paese" e l'Unione europea "chiede a tutte le parti di cessare le ostilità: non c'è soluzione militare alla crisi in Libia, ma solo politica". "La violenza porterà soltanto ulteriore violenza a danno del popolo libico, porgiamo le condoglianze alle famiglie delle vittime e una veloce guarigione ai feriti", ha proseguito. Inoltre, ha sottolineato che "l'Ue appoggia con forza l'inclusivo processo di mediazione delle Nazioni unite e gli sforzi del rappresentante speciale per trovare una soluzione duratura". Per il portavoce, "l'Ue si aspetta che tutti gli attori legittimi in Libia" agiscano insieme "verso questo obiettivo, con spirito di compromesso e mettendo al primo posto gli interessi dei libici".

Intanto, Palazzo Chigi, in relazione ad alcune notizie apparse sulla stampa, "smentisce categoricamente la preparazione di un intervento da parte dei corpi speciali italiani in Libia". "L'Italia continua a seguire con attenzione l'evolversi della situazione sul terreno – continua il comunicato – e ha già espresso pubblicamente preoccupazione nonché l'invito a cessare immediatamente le ostilità assieme a Stati Uniti, Francia e Regno Unito".

Stato d'emergenza. Secondo quanto comunicato dal ministero della Salute libico, è di 47 morti e 129 feriti il bilancio provvisorio dopo otto giorni di scontri, a causa dei quali il governo ha dichiarato lo stato d'emergenza. L'annuncio è stato dato domenica dal servizio comunicazioni del Governo di accordo nazionale (Gna) del premier Fayez al-Sarraj, riconosciuto a livello internazionale. Poche ore prima, il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, aveva chiesto la fine delle violenze in conformità con l'accordo di cessate il fuoco negoziato dall'organizzazione.

Nonostante la situazione di pericolo, resta aperta l'ambasciata italiana a Tripoli. A confermarlo la stessa rappresentanza diplomatica sul suo profilo Twitter, dopo che sabato un razzo è caduto su un hotel frequentato da stranieri proprio vicino all'ambasciata. "Continuamo a stare accanto alla amata gente di Tripoli in questa fase difficile", si legge nel messaggio sul social network. 

Nel frattempo circa 400 detenuti sono evasi dopo una rivolta in un carcere alla periferia sud di Tripoli. "I detenuti sono riusciti a forzare le porte e andarsene", mentre i combattimenti tra le milizie rivali imperversavano vicino alla prigione di Ain Zara, si legge in un comunicato. Molti dei detenuti del carcere erano stati condannati per reati comuni o sono sostenitori di Muammar Gheddafi, ucciso nel 2011.

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