Avrebbe fornito strumenti di cybersicurezza all'Arabia saudita che potrebbero essere stati usati per controllare gli oppositori, come il giornalista
Un'azienda italiana, la milanese Hacking Team, che ha nella lista dei suoi clienti una quarantina di governi, avrebbe fornito strumenti di cybersicurezza all'Arabia saudita che potrebbero essere stati usati per controllare gli oppositori, quali il giornalista Jamal Khashoggi, ucciso nel il 2 ottobre. A ventilare l'accusa è il Washington Post, con cui Khashoggi collaborava.
In un editoriale David Ignatius ricostruisce come il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman abbia assemblato un "arsenale digitale" come strumento del suo "dominio autoritario". Il perno sarebbero il Center for Studies and Media Affairs e il suo direttore, Saud al-Qahtani, avvocato ed ex membro dell'Aeronautica militare che aveva lavorato per più di un decennio alla corte di re Abdullah. Avrebbe costruito una rete di sorveglianza e manipolazione dei social media per far avanzare l'agenda di bin Salman e 'eliminare' i suoi nemici. I sauditi hanno iniziato a costruire la loro guarnigione informatica quasi un decennio fa, quando Qahtani era alle dipendenze del precedente monarca, per difendersi da cyberattacchi di 'nemici' quali l'Iran, per far fronte alle minacce terroristiche, ma anche per controllare gli oppositori ed evitare di finire come altri Paesi dell'area con la primavera araba.
Qahtani e i suoi cyber-colleghi avrebbero lavorato con la Hacking Team, l'intelligence saudita nel 2013 avrebbe cercato gli strumenti forniti dall'azienda milanese in grado di penetrare negli iPhone e iPad, e nel 2015 voleva un accesso simile ai telefoni Android, secondo quanto emerso dalle rivelazioni di WikiLeaks nel 2015. E proprio il 29 giugno 2015 Qahtani avrebbe scritto all'Hacking Team per chiedere "l'elenco completo dei servizi offerti dalla vostra stimata società", proponendo "una partnership lunga e strategica". Il rapporto di Hacking Team con l'Arabia saudita sarebbe diventato così forte che quando la compagnia italiana ha incontrato difficoltà finanziarie dopo la perdita di documenti riservati per WikiLeaks nel 2015, investitori sauditi sarebbero intervenuti con una società con sede a Cipro, la Tablem Limited, guidata da un uomo d'affari della famiglia Al-Qahtani, che avrebbe acquisito una quota del 20 per cento della società milanese a metà 2016.
Nella galassia dei sauditi rientrano numerose aziende, tanto che riescono a entrare in possesso di Pegasus, un sofisticato sistema messo a punto dalla società israeliana NSO Group Technologies per hackerare gli smartphone entrando in tutti i file, dalle mail alle chat. Sarebbe anche grazie a questo che bin Salman avrebbe ottenuto importanti informazioni su Khashoggi, che hanno portato alla sua condanna a morte.
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