Aperta una serie di nuovi incontri. La premier Uk: "Faremo il divorzio". Il leader laburista: "Nostro ok solo se l'esecutivo manterrà legami stretti con il blocco europeo dopo l'uscita"
Theresa May è di nuovo a Bruxelles per provare a salvare l'accordo sulla Brexit. La premier britannica ha visto il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker e il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk. Juncker e May hanno concordato di tenere nuovi colloqui sull divorzio di Londra dell'Ue dopo quello che hanno descritto come un "sostanzioso" incontro. E la premier non fa nessun passo indietro: "Il mio compito è attuare la Brexit, e attuarla in tempo. Negozierò duramente nei prossimi giorni per riuscirci".
Il capo negoziatore europeo, Michel Barnier, incontrerà il ministro britannico, Stephen Barclay, lunedì a Strasburgo, mentre May e Juncker si rivedranno prima della fine del mese. I team di negoziatori di Ue e Regno Unito terranno nuove discussioni per tentare di uscire dall'impasse. "Nonostante le difficoltà – si legge in una nota congiunta – i due leader hanno convenuto che le loro squadre dovranno discutere per sapere se è possibile trovare una soluzione che raccolga una maggioranza al Parlamento britannico e rispetti le condizioni fissate dai 27".
May ha incontrato anche il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani, che ha parlato di "un incontro di valore" ma ha espresso preoccupazione: "Mancano poche settimane a una catastrofe economica e umana, questa è la realtà di una Brexit no deal". "Il Parlamento europeo appoggia pienamente l'accordo di ritiro negoziato da Michel Barnier, è l'unica soluzione che garantisce un'uscita britannica ordinata, che protegge la pace in Irlanda e l'integrità del mercato interno", ha proseguito Tajani. Ha anche aggiunto: "Siamo aperti a esser più ambiziosi sulla nostra futura relazione, anche guardando nuovamente alla situazione irlandese, se le linee rosse di Londra cambiano", e "siamo felici per la dichiarazione della premier britannica sui diritti dei cittadini, è importante".
Intanto anche il leader dell'opposizione britannica apre al vecchio accordo. Il laburista Jeremy Corbyn ha dichiarato che il suo partito potrà appoggiare l'accordo sulla Brexit negoziato dal governo di Londra con l'Unione europea, se l'esecutivo s'impegnerà a mantenere legami stretti con il blocco europeo dopo il divorzio. In una lettera indirizzata alla premier May e pubblicata giovedì, Corbyn ha chiesto alla conservatrice d'integrare le proposte del Labour nella dichiarazione politica sulla futura relazione, che accompagna l'accordo, prima del divorzio il 29 marzo. Corbyn ha espresso anche dubbi sulla strategia di May, andata a Bruxelles per tentare di trovare un nuovo compromesso sulla frontiera irlandese, dopo il massiccio rifiuto dell'accordo al Parlamento di Londra a gennaio.
A meno di due mesi dal divorzio, in programma per il 29 marzo, i responsabili Ue – Juncker compreso – hanno affermato a più riprese che l'accordo di uscita raggiunto a novembre fra Bruxelles e Londra non sarà rinegoziato. Il fatto che l'intesa a gennaio sia stata respinta dal Parlamento britannico fa temere sempre di più un'uscita del Regno Unito dall'Ue senza accordo, cioè uno scenario di 'no deal'. Lo scoglio principale resta il backstop, cioè la disposizione che mira a evitare il ritorno di una frontiera fisica tra l'Irlanda e la provincia britannica dell'Irlanda del Nord. Il backstop è una sorta di 'assicurazione' che dovrebbe entrare in vigore se, al termine del periodo di transizione post divorzio, Regno Unito e Ue non dovessero ancora essersi accordati sui futuri rapporti: in quel caso il Regno Unito resterebbe in un "territorio doganale unico" con l'Ue, il che limiterebbe la capacità di Londra di negoziare dei trattati commerciali con Paesi terzi.
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