Il conflitto, ormai al quarto giorno, è continuato senza una soluzione in vista

Dopo una notte di bombardamenti, sotto un cielo rosso dilaniato dai boati, migliaia di palestinesi con bambini e oggetti al seguito sono fuggiti dalle proprie case, a bordo di auto o carretti trainati da asini, per allontanarsi dalla barriera di separazione da cui provenivano gli attacchi di Israele. Dopo una giornata di continui lanci di razzi dalla Striscia di Gaza contro Israele, e di raid dei jet dello Stato ebraico, verso mezzanotte le Idf avevano annunciato ai giornalisti che “le truppe di terra” stavano attaccando l’enclave sotto blocco. Interpretato come un’invasione, l’annuncio ha spinto Hamas a organizzarsi per resistere, mobilitando i militanti e usando i tunnel. Quando è arrivata la precisazione di Israele sul fatto che non era un’invasione, ma attacchi da terra, la ‘trappola’ israealiana era atto e i tunnel sotto attacco. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha poi ribadito che “non è ancora finita”: “I leader di Hamas pensavano di sfuggirci” ma “possiamo raggiungerli ovunque”.

Il conflitto, ormai al quarto giorno, è continuato senza una soluzione in vista. La delegazione egiziana, che tenta di mediare dopo che giovedì Israele ha rifiutato di negoziare fino a sabato, ha lanciato un appello alla comunità internazionale: faccia pressione su Tel Aviv per un cessate il fuoco, per poter negoziare con la leadership di Gaza e per evacuare i feriti dall’enclave.

Il bilancio delle vittime intanto sale, mentre notizie preoccupanti arrivano sempre più dalle città israeliane, teatro di allarmanti scontri fra arabi ed ebrei, e dalla Cisgiordania, contagiata anch’essa dalle violenze. I palestinesi della regione hanno dato il via alle più diffuse proteste dal 2017, in almeno nove città. Almeno 10 i palestinesi uccisi negli scontri con i militari israeliani, secondo le autorità palestinesi. E un cittadino libanese, secondo i media del Paese, è morto alcune ore dopo essere stato colpito da spari dei soldati israeliani, esplosi contro una protesta pro-palestinesi al confine, in cui i dimostranti dal Libano avevano violato il confine. Le Idf avevano parlato di “colpi di avvertimento”.

La violenza è proseguita anche in Israele, dove il punto più caldo è stato di nuovo Lod, nonostante il massiccio dispiegamento di forze di sicurezza israeliane. Secondo la polizia, gli arresti nelle violenze comunitarie sono stati 750 da lunedì. Il bilancio delle vittime è di 122 morti nella Striscia di Gaza, fra cui 31 bambini, e 900 feriti, nei dati del ministero della Salute locale. Jihad islamico e Hamas hanno confermato 20 decessi tra le loro fila, numero che Israele ritiene più alto. Anche un’intera famiglia palestinese è morta – un uomo e una donna, i loro quattro figli al di sotto dei 7 anni – quando un raid ha distrutto il palazzo in cui viveva a Beit Lahia. “Un massacro”, ha commentato Sadallah Tanani, un familiare. In Israele i morti sono sette, fra cui un soldato e un bambino.

I riservisti richiamati da Israele per rafforzare la presenza alla barriera di separazione sono stati 9mila, i carri armati dispiegati, mentre i jet da combattimento continuano a colpire all’interno della Striscia di Gaza. Il colonnello Jonathan Conricus, portavoce delle Idf, ha affermato: “Come sempre l’obiettivo è colpire target militari e minimizzare danni collaterali e civili”. Migliaia di civili in fuga, ha fatto sapere l’Unrwa, si sono rifugiati nelle 16 scuole gestite dall’agenzia, in difficoltà per le limitazioni agli spostamenti e il Covid-19. Hamas però non arretra, con 1.800 razzi sparati da lunedì, un quarto dei quali caduto nell’enclave stessa e un’altra gran parte intercettata dal sistema Iron Dome. Un portavoce ha risposto a Israele dicendo che l’invasione di terra non fa paura, anzi consentirebbe di “aumentare la presa” su Israele. Gli sforzi per una tregua proseguono, guidati da Egitto, Qatar e Onu. Secondo una fonte egiziana, Israele ha respinto la proposta di tregua di un anno, che Hamas avrebbe accettato. La fonte ha spiegato che Tel Aviv vuole rinviare, per distruggere quante più strutture militari palestinesi.

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