Sporadici scontri sono scoppiati alla moschea al-Aqsa a Gerusalemme, uno dei luoghi simbolo del conflitto

Ha retto il primo giorno di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, dopo 11 giornate di raid aerei, lanci di razzi, violenze intercomunitarie. Sporadici scontri sono scoppiati alla moschea al-Aqsa a Gerusalemme, uno dei luoghi dove si era nuovamente accesa la fiamma del conflitto israelo-palestinese e dove migliaia di palestinesi si sono radunati per pregare e per festeggiare quella che considerano una vittoria contro lo Stato ‘occupante’. Il cessate il fuoco è entrato in vigore all’1 di notte italiana tra giovedì e venerdì, dopo oltre 243 morti palestinesi e 12 israeliani. Entrambe le parti, poi, si sono dichiarate vittoriose. L’accordo è stato promosso dall’Egitto, dopo le pressioni degli Usa su Israele. Il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, pianifica ora una visita nella regione per “discutere gli sforzi di ripresa e di lavorare insieme per costruire un futuro migliore per israeliani e palestinesi”, ha annunciato il dipartimento di Stato.

Netanyahu mette in guardia Hamas

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha messo in guardia Hamas, che controlla la Striscia di Gaza, dal lanciare nuovi attacchi: “Se pensa che tollereremo lanci di razzi, si sbaglia”, risponderemo “con un nuovo livello di forza a ogni espressione di aggressione contro le comunità attorno a Gaza e ogni altra parte d’Israele”. Ha aggiunto: un’operazione di terra non è stata condotto perché “non è stata necessaria”. Netahyahu è accusato dalla sua base dalla linea intransigente di aver messo fine all’offensiva in modo “prematuro”. Anche perché i militanti palestinesi hanno dichiarato che ha accettato di fermare le azioni a al-Aqsa e gli sfratti nel vicino quartiere di Sheikh Jarrah. Netahyahu si è difeso dicendo che lo Stato ebraico ha agito con forza “senza essere trascinato in avventure non necessarie”, “cauando il massimo danno ad Hamas con il minimo di vittime in Israele”. Ha parlato di oltre 200 militanti uccisi, fra cui 25 comandanti, e 100 chilometri di tunnel distrutti. Hamas e Jihad islamico hanno confermato 20 loro combattenti uccisi. Intanto, il bilancio tra i palestinesi è di 243 uccisi, fra cui 66 bambini, e 1.910 feriti. Dodici i morti in Israele, fra cui un soldato e due minori.

Abbas ha chiesto “un orizzonte politico per porre fine all’occupazione israeliana

Da parte sua, il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha chiesto “un orizzonte politico per porre fine all’occupazione israeliana della terra dello Stato di Palestina con Gerusalemme est come capitale”. Ha “elogiato gli sforzi compiuti dai fratelli in Egitto, Qatar, Giordania, dall’amministrazione Usa, Unione europea e Onu per raggiungere questo obiettivo” e chiesto “passi concreti e seri per fermare i crimini israeliani”. Hamas, tramite il leader politico Ismail Haniyeh, ha apertamente rivendicato la vittoria: “La sconfitta d’Israele” avrà “importanti conseguenze per il suo futuro”, mentre Gerusalemme rimane al centro dello scontro e la lotta continuerà “fino alla liberazione di al-Aqsa”.

Gli scontri alla spianata delle moschee

Il primo test al cessate il fuoco è stato proprio alla Spianata delle moschee, dove sono scoppiati scontri tra i palestinesi e la polizia d’Israele. Gli agenti hanno fatto irruzione e lanciato granate stordenti e lacrimogeni, i fedeli hanno lanciato sassi. Quindici i feriti, secondo i media palestinesi, 16 gli arresti. Disordini anche in Cisgiordania, dove negli scorsi giorni si sono tenute manifestazioni. Intanto, l’enclave è devastata e i soccorritori per tutto il giorno hanno recuperato cadaveri in zone dove prima era pericoloso addentrarsi. Oltre ai gravi danni alle infrastrutture, all’assenza di acqua potabile e alla scarsità di carburante, l’Oms ha comunicato che 30 strutture sanitarie sono state danneggiate e l’unico centro per i test del coronavirus non può più operare. Fabrizio Carboni, direttore regionale del Comitato internazionale della Croce Rossa, ha stimato inoltre che “varie centinaia” di ordigni inesplosi siano sparsi sul territorio. Aiuti Onu sono però finalmente entrati, quando Israele ha temporaneamente aperto i valichi di Erez e Kerem Shalom.

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