Forbidden Stories ha pubblicato l’inchiesta sull’uso del software Pegasus. Una ‘inchiesta’ che individua diversi paesi, tra cui il Marocco, per aver utilizzato in modo improprio il software israeliano. All’unisono, segnalano le autorità marocchine, “la stampa francese si è scatenata in una campagna contro il Marocco, il suo re e i suoi servizi di sicurezza, accusandolo senza alcuna prova”. Da tempo, ricorda Rabat, “i servizi di sicurezza del Marocco, e in particolare il loro capo, Abdellatif Hammouchi, sono nel mirino della stampa francese e di alcune ONG: proprio l’uomo grazie al quale la Francia e altri Paesi sono riusciti a prevenire molti attentati terroristici è di disturbo. In realtà, è tutto il Marocco, sempre meno docile, sempre più autonomo nel prendere le proprie decisioni, nella scelta dei suoi partner, a essere di disturbo”.
Al contrario degli sfoghi appassionati della stampa francese, oltre al suo trattamento fazioso e accusatorio nei confronti del Marocco, “la stampa americana ha maneggiato con una certa cautela i dati dell’inchiesta: in un articolo pubblicato il 20 luglio, il Washington Post, membro del consorzio Forbidden Stories, ha fornito dettagli che minano le certezze dei media in Francia”, ricordano dal Regno, segnalando due elementi di fondamentale importanza:
1- Il Washington Post evita accuratamente di puntare il dito contro un Paese specifico, per un semplice motivo: “riconosce che è impossibile, attraverso gli elenchi a sua disposizione, stabilire quale cliente dell’NSO abbia selezionato quali numeri. L’unico indicatore su cui hanno potuto fondare i loro sospetti – precisa il Marocco – e su cui la stampa francese ha costruito accuse molto chiare, è quello dell’esistenza di determinati numeri in elenchi dominati da determinati paesi. Seguendo questo ragionamento, ad esempio, trovare un numero all’interno di un elenco in cui la maggiore parte dei numeri di telefono sono messicani, sarebbe sufficiente ad attribuire la paternità dello spionaggio al Maessico.
Ora, l’elenco attribuita al Marocco comprende, secondo il consorzio Forbidden Stories, 10.000 numeri, di cui 1.000 in Francia, 3.000 in Marocco e 6.000 in Algeria. Il Marocco è ben lontano dal ‘dominare’ la lista, perché è proprio l’Algeria ad essere in prima posizione”.
2- “Il Washington Post – continua Rabat – riconosce anche che lo scopo alla base della costituzione di questo elenco, gli obiettivi che serve e l’uso a cui potrebbe essere servito sono sconosciuti”.
“Forbidden Stories diffonde un discorso paradossale – per Rabat – da un lato, i suoi giornalisti affermano di “avere prove”. D’altra parte, non desiderano pubblicarle, nonostante ripetuti e successivi solleciti dal Marocco. Non esistono prove segrete o private – sostiene il Marocco – non rendere pubbliche le proprie prove equivale a non averle. Tutto il gioco, consiste nel proporre cose non verificabili, di fronte a una parte dalla quale ci si aspetta che si difenda senza avere i mezzi per farlo: di fronte ad accuse immaginarie, la parte che si deve difendere si trova inevitabilmente in una posizione di inferiorità, perché ciò di cui è accusato, così come ciò con cui può difendersi, non esiste”.
Continuano le autorità marocchine: “Che un insieme di media abbia preso parte a questo grande gioco mantenga l’illusione della pluralità, che è legata a quella della veridicità, è una delle tecniche argomentative del giornalismo, ma non costituisce l’argomento in sé: più giornali ne parlano, più è probabile che l’informazione sia vera. Il procedimento ci fa dimenticare una cosa importante: tutto nasce da un’unica fonte, sconosciuta, per essere poi distribuito tra i partner che, uno dopo l’altro, hanno diritto a un pezzo dello scoop: chi parlerà dei giornalisti, chi del governo marocchino, che del governo francese, ecc., nella più pura logica del branco che condivide una preda”.
“Ipotizziamo l’esistenza non di un elenco a cui Forbidden Stories ha avuto accesso una volta per tutte, ma di una o più fonti esterne che distillano le ‘rivelazioni’ al ritmo che desiderano, e secondo la direzione in cui si desidera piegare il vento delle relazioni del Marocco con la sua cerchia di partner strategici. Se ci fosse stato un elenco definitivo, non sarebbe stato più logico che le primissime rivelazioni si concentrassero sui capi di stato, di governo, di organizzazioni internazionali oltre che sui ministri, piuttosto che su giornalisti come invece è stato il caso di Forbidden Stories ? I giornalisti Edwy Plenel, Rosa Moussaoui e altri, sono più importanti di Emmanuel Macron, Edouard Philippe o Tedros Adhanom Ghebreyesus?”, si chiede il Marocco. Che continua: “Se i giornalisti avessero avuto sin dall’inizio accesso a un elenco con tutti i nomi in blocco, non avrebbero allertato rapidamente i servizi di sicurezza dei rispettivi paesi affinché prendessero le misure necessarie, come farebbe qualsiasi persona e qualsiasi organizzazione che sia stata in grado di accedere a informazioni di tale delicatezza e pericolosità? A meno che – precisa Rabat- il consorzio dei media non sia un clan, irresponsabile e poco preoccupato della sicurezza interna tale da concedersi un tale ritardo di oltre 24 ore tra la prima raffica di pubblicazioni (relativa ai giornalisti) e la seconda (capi di stato, governo, organizzazioni internazionali). Se si considerasse, come vorrebbero far credere Forbidden Stories, che l’elenco è stato stabilito e messo a disposizione del consorzio diverse settimane prima delle prime pubblicazioni (tempo minimo per elaborare un volume del genere), la cosa si farebbe ancora più grave: in questo caso, ci sarebbe stato l’occultamento di informazioni sensibili che, al contrario, avrebbe consentito ad alcuni Stati menzionati negli elenchi di adottare le misure di sicurezza appropriate”.
“Anche il percorso informativo tracciato dalle testate può essere messo in discussione – prosegue il Marocco – così come le fonti all’origine di questo scandalo hanno, in primo luogo, inviato ai giornalisti francesi una lista con i loro nomi, in modo da creare subito un forte risentimento anche nei confronti del Marocco, come una forte disposizione ad accogliere le successive rivelazioni, una volta che le prime avessero avuto l’effetto desiderato, allo stesso modo, l’obiettivo era creare una graduale inclinazione del pubblico ad accettare, senza metterla in discussione, la ‘verità’ di ciò che viene pubblicato. In realtà, il fatto che i giornalisti siano colpiti non sorprende affatto un pubblico la cui percezione del Marocco in termini di libertà di stampa è indurita. A poco a poco e gradualmente con intensità, vengono proposti concetti di corollario: dopo i giornalisti, ecco che il Marocco spia i suoi (si passa dallo stato censore all’altra sua figura, lo stato di polizia). Poi, i suoi stessi funzionari (si passa dallo stato di polizia allo stato paranoico), poi al suo stesso capo di stato (non vi sono qualifiche per questo tipo di stato)”. Per Rabat, “Dopo aver constatato che la ricezione degli articoli è stata più o meno positiva, il vero iniziatore/i della campagna ha amplificato la portata: sono stati citati tra i bersagli capi di Stato e di governo stranieri, nonché il direttore generale di un’organizzazione internazionale. Una vecchia, ma efficace tecnica di manipolazione che si basa su un semplice espediente: si tratta di lanciare informazioni più o meno ammissibili, che possono apparire credibili o sostenibili e che hanno poche possibilità di essere respinte come false o improbabili. Dal momento in cui le prime informazioni sono state accettate, quelle che seguono avranno maggiori possibilità di essere accettate che se fossero state diffuse fin dall’inizio”.
Per le autorità marocchine, per avvalorare la tesi contro il Marocco “un certo numero di personalità che compaiono negli elenchi non hanno mancato di segnalare che il loro telefono è stato violato durante le visite nel regno. Si pensi ad esempio a Edwy Plenel, che ripete che Pegasus è stato installato nel luglio 2019, durante la sua partecipazione al Festival di Essaouira, suggerendo così che l’operazione non sarebbe stata possibile se non si fosse recato in Marocco”. Ma precisa Rabat, “sono stati selezionati anche i numeri di telefono fisso dei giornalisti di Radio France, mentre la tecnologia Pegasus funziona solo su smartphone”. Qui, sostengono, “la vicinanza geografica non sembra più essere una condizione, dal momento che il Marocco non avrebbe potuto portare le linee fisse di Radio France Inter in Marocco per installare Pegasus (!). Lo stesso vale per tutti coloro che non sono mai stati nel regno…”
Nel caso di Emmanuel Macron, si sostiene che il tentativo di infiltrazione del suo telefono sia avvenuto nel luglio 2019 in Algeria, più o meno nello stesso periodo dei diplomatici Lakhdar Brahimi e Ramtane Lamamra, nonché dell’ambasciatore francese ad Algeri Xavier Driencourt . “il confronto temporale dei tentativi di infiltrazione di numeri diversi rende la cosa difficilmente credibile – per il Marocco – : può uno Stato che prende le sue precauzioni mostrare un interesse così improvviso per un numero così elevato di individui appartenenti a più sfere (politica, mediatica, ecc.) ? Che interesse può offrire questo “spionaggio stagionale”? E, soprattutto, può uno Stato, preoccupato per le sue relazioni esterne, come il Marocco, commettere l’imprudenza di infiltrarsi in un numero così elevato di telefoni nello stesso periodo, senza aspettarsi un “feedback?”.
Infine, assicurano dal Marocco, l’onda d’urto dell’inchiesta su Pegasus non avverrà.