La cancelliera, da molti considerata la "leader de facto" europea, si prepara ad uscire di scena dopo 16 anni

 Nel 2005 Angela Merkel è stata la prima donna alla cancelleria della Germania. Sedici anni dopo, a 67 anni d’età e al quarto mandato, si prepara a uscire di scena, dopo aver lasciato nel 2018 la leadership del partito cristiano democratico (Cdu). È da molti considerata la ‘leader de facto’ europea, alla guida della maggior economia del blocco mentre, secondo un sondaggio dell’ottobre 2020, il 75% degli adulti di 13 Paesi europei hanno più fiducia in lei che negli altri leader del blocco. Il suo segno distintivo, nel corso del tempo, è diventato quello delle mani giunte a formare un rombo, sullo sfondo delle sue variopinte giacche. Il suo padrino politico Helmut Kohl la chiamava “la ragazza dell’est”, ma lei si è poi guadagnata il soprannome di “cancelliera di ferro” soprattutto per le posizioni sull’austerity europea. Per i suoi sostenitori è invece la ‘Mutti’, mamma, sinonimo di affidabilità. Negli ultimi 15 anni, è stata pilastro inscalfito attorno a cui si sono scatenate bufere ed emergenze, dalla crisi dell’eurozona a quella dei migranti, dalla Brexit alla crisi greca, dalla tensione con gli Usa di Donald Trump all’attuale pandemia di Covid-19.

Angela Dorothea Kasner è nata il 17 luglio 1954 ad Amburgo e deve il cognome con cui tutti la conoscono al breve matrimonio contratto a 23 anni con Ulrich Merkel, nella Germania dell’est, dove l’uomo esercitava il padre pastore protestante. È cresciuta nella Germania orientale e si è laureata in Fisica. In gioventù è stata segretaria della propaganda della Gioventù comunista, per poi entrare a far parte dei gruppi di opposizione con la rivoluzione pacifica che precedette la caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989. Divenne portavoce del governo di transizione che portò alla riunificazione, guidata dal democristiano Lothar de Maiziere. A quel punto, già divorziata, viveva a Berlino con il professore di chimica Joachim Sauer, sposato nel 1998, quando era ormai segretaria generale dell’Unione cristiano democratica (Cdu). Fu a quel punto che Kohl le assegnò il soprannome di “ragazza dell’Est” e la integrò nel suo governo, nel 1991, in cerca di nuovi talenti della ex Germania orientale.

I tratti che avrebbero contraddistinto ‘Frau Merkel’, misto di freddezza e perseveranza, furono palesi dal 2000, dopo che Kohl fu travolto da uno scandalo e battuto dal socialdemocratico Gerhard Schröder. Merkel prese le redini della Cdu e nel 2000 ne fu eletta presidente per sostituire Wolfgang Schäuble, prima donna a ricoprire l’incarico. Conquistò i favori della popolazione, ma non abbastanza per sfidare l’allora cancelliere Schröder alle elezioni federali del 2002. A candidarsi per i conservatori fu il leader del partito ‘gemello’ bavarese Csu, Edmund Stoiber, che perse. Merkel divenne leader dell’opposizione e il 18 settembre 2005 vinse per la prima volta le elezioni generali, seppur per un vantaggio minimo su Schröder. Il 22 novembre segnò così la storia della Germania: Merkel divenne la prima donna, nonché la prima politica proveniente dall’Est e la persona più giovane (51 anni), a ricoprire l’incarico di cancelliera, in una Grosse Koalition con il partito Socialdemocratico (Spd).

Nel 2009 il suo mandato fu rinnovato, in elezioni in cui la Spd segnò il suo peggior risultato dal 1949. Merkel formò un governo con il Partito liberal democratico (Fdp) e, nel corso del mandato, assunse un ruolo chiave nella risposta alla crisi dell’eurozona. Con il presidente francese, Nikolas Sarkozy, sostenne l’austerity come via della ripresa delle economie in difficoltà. Il suo successo più evidente fu l’entrata in vigore, nel 2013, di un patto di bilancio che vincolava i firmatari a rispettare specifici parametri di pareggio di bilancio. Nel 2011, dopo il disastro della centrale di Fukushima in Giappone, accelerò l’addio al nucleare, pochi anni dopo una legge per prolungare l’attività degli impianti tedeschi. Nelle elezioni del 2013, il blocco Cdu/Csu ottenne una schiacciante vittoria con il 42%, appena al di sotto di una maggioranza assoluta. La Fdp non superò la soglia del 5%, quindi Merkel dovette negoziare per due mesi prima di siglare un’intesa con la Spd per una nuova GroKo. Divenne così la terza leader a ricoprire un terzo mandato, dopo Konrad Adenauer e Kohl.

Intanto, mentre l’uscita della Grecia dall’eurozona preoccupava l’Ue, per il blocco si aprirono nuove sfide. Una fu in Ucraina, dove la Russia attuò l’annessione della Crimea a seguito della caduta sotto le proteste popolari del presidente filorusso Viktor Yanukovich nel 2014. Merkel, con altri leader, accusò Mosca di fomentare il conflitto e si schierò per le sanzioni. L’altra fu la ‘crisi dei rifugiati’ del 2015, quando centinaia di migliaia di profughi in fuga dai conflitti in Siria e Afghanistan arrivarono alle porte dell’Ue. Più di un milione di persone fu accolto dalla Germania e Merkel ne pagò un prezzo in termini politici. A capitalizzare, invece, fu il partito d’estrema destra Alternativa per la Germania (AfD), populista e xenofobo. L’AfD nel 2016 arrivò secondo (prima della Cdu) nelle elezioni nel Land di Meclemburgo-Pomerania, collegio elettorale della cancelliera, e ne sancì la sconfitta alle urne anche a Berlino. In Europa, intanto, i venti del nazionalismo alimentavano la vittoria del ‘sì’ al referendum sulla Brexit e di Donald Trump alla presidenza Usa.

Merkel restava ‘al centro’, in cerca di un quarto mandato. Nel 2017 stupì molti quando cambiò posizione al Bundestag sulle nozze per tutte le persone e, pochi giorni dopo, la misura fu approvata dai parlamentari con il sostegno popolare. La cancellierà votò contro, ma cadde un ostacolo tra i conservatori e i partiti che ritenevano quel diritto una condizione per eventuali coalizioni. Alle urne, quell’anno, il blocco Cdu/Csu e l’Spd guidato da Martin Schulz siglarono i peggiori risultati in 70 anni. Fdp, Verdi, die Linke ottennero voti sufficienti per entrare in Parlamento, così come l’AfD, terza forza dopo conservatori e socialdemocratici. Dopo mesi di tira e molla con l’Spd per formare una coalizione, ci fu un accordo: il partito ebbe i potenti ministeri di Finanza ed Esteri. Tra le polemiche, Schulz dovette lasciare la guida dell’Spd. Il sostegno ai due principali partiti, intanto, continuava a calare.

Merkel, nel 2018, dovette affrontare anche una crepa interna al blocco conservatore. Al centro dello scontro fu l’alleato bavarese Horst Seehofer, a quel tempo titolare dell’Interno: si dimise, salvo poi tornare sui suoi passi, a causa di contrasti sul tema migranti. Dopo il deludente risultato alle elezioni nell’Assia, Merkel annunciò che non si sarebbe ricandidata alla fine del mandato nel 2021. Nel frattempo, l’Unione scelse la successione, dopo i suoi 18 anni alla guida del partito: fu la segretaria generale e sua delfina, Annegret Kramp-Karrenbauer. AKK, però, non durò: indebolita dalla bufera sulle sue mosse politiche e sotto attacco dall’ala più a destra del partito, lasciò e rinunciò anche alla prospettiva della cancelleria (a sostituirla Armin Laschet, oggi candidato).

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