Assente David Sassoli, che è ancora convalescente
A tenere banco al Consiglio europeo sono stati i temi dell’energia e dello stato di diritto in Polonia. Gran parte della discussione della prima sessione di lavoro è stata occupata dalla questione del caro-bollette. Che ha preso più tempo del dovuto e portato i leader a ritardare e rivedere le conclusioni finali. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha insistito sulla necessità di essere più ambiziosi e accelerare sui prossimi passi. Occorre, sostiene il premier, lavorare sul fronte delle interconnessioni, e sul fronte delle riserve. E produrre subito degli inventari delle riserve presenti in Europa, con lo scopo di proteggere tutti gli Stati membri dalle pressioni del mercato. “Bisogna intervenire al più presto per limitare gli aumenti del prezzo dell’energia, per preservare la ripresa e salvaguardare la transizione ecologica,” ha detto Draghi.
La crisi polacca
Se la parte sul Covid è passata senza grandi colpi di scena o modifiche alla bozza delle conclusioni, l’altro tema scottante è stata la crisi polacca e la questione dello stato di diritto. L’argomento Polonia doveva essere solo “toccato” al Consiglio europeo. E invece, almeno dalle dichiarazioni dei leader, sembra essere il convitato di pietra del summit di Bruxelles. Non un tema che porterà a conclusioni, ma certamente il più delicato perché tocca l’essenza dell’Unione stessa. Per la prima volta da quando è stata emessa la sentenza del Tribunale costituzionale polacco, è intervenuto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che finora ha voluto evitare che lo scontro venisse portato al summit. E il suo è stato un invito al dialogo prima di avviare una guerra legale che possa spaccare l’Europa. “Siamo fermi sui principi dello stato di diritto. Abbiamo strumenti legali e istituzionali che dovremmo usare ma pensiamo anche che dobbiamo essere impegnati nel dialogo per poter raggiungere un risultato”, ha detto Michel al suo arrivo al Consiglio.
Da una parte c’è il premier olandese, Mark Rutte, che spinge sulla necessità di tenere una linea dura, chiedendo alla Commissione europea di non approvare il piano di ripresa e resilienza di Varsavia e al Consiglio europeo di continuare, o meglio riprendere, il dibattito sull’articolo 7 dei Trattati Ue, quello che toglie dei diritti (tra cui quello di voto) agli Stati che violano i principi fondamentali. Ma per l’articolo 7 serve l’unanimità e l’Ungheria continua a spalleggiare il governo amico della Polonia, con cui condivide gli stessi problemi sullo stato di diritto. Difficile che possa venir tirato fuori dai leader, anche perché la discussione sullo stato di diritto non dovrebbe portare a nessuna conclusione scritta ma piuttosto rimanere un dibattito di principio tra i leader. La Polonia? “E’ il miglior Paese d’Europa. Non serve alcuna sanzione, è ridicolo”, ha detto il premier ungherese Viktor Orban arrivando al summit. “E’ chiaro, la supremazia delle leggi europee su quelle nazionali non è nei trattati. E quello che sta accadendo è che le istituzioni Ue stanno aggirando il diritto nazionale e modificando i trattati senza averne l’autorità. Quindi i polacchi hanno ragione”. Invocare l’articolo 7? “Non c’è alcun motivo per averlo. La Polonia è un buon paese. La vera linea di divisione è tra il senso comune e la fantasia”, ha aggiunto.
E’ intenzionata a tenere il punto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, chiamata a districarsi nella delicata questione legale delle varie opzioni a disposizione, a cui ora si è aggiunta anche la causa che il Parlamento vuole avviare per la mancata attuazione del regolamento sulle condizionalità dello stato di diritto. “Tutti dobbiamo prenderci le nostre responsabilità quando si tratta di valori fondamentali”, ha dichiarato prima di entrare al vertice. E su quest’ultimo punto, “l’Italia sostiene la Commissione europea”, ha twittato il sottosegretario agli Affari europei Enzo Amendola. “Siamo aperti a un dialogo costruttivo a partire dalla difesa di principi e valori europei”.
Sassoli assente
Al summit era assente il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, ancora in convalescenza, che però ha fatto recapitare il suo discorso scritto ai 27 leader. E il suo messaggio sulla crisi polacca e ‘ stato molto chiaro: “L’esperienza della democrazia implica la pratica continua del dialogo. Ma dobbiamo essere molto chiari: Sebbene la nostra unità sia giustamente rafforzata dalla nostra diversità, vi è una parte non negoziabile del nostro contratto europeo: i nostri valori di democrazia, libertà, Stato di diritto”.
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